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Religiosità

Cagliari, Tipografia del Corriere di Sardegna, 1875

Elodia e la repubblica sassarese. Romanzo storico

Marcello Cossu

pp. 11-12
Il monastero oramai distrutto dalle infinite ricerche di sognanti tesori, era anch'esso opera pisana. Fu fondato nel 1139 da Mariano II regolo di Torres, - principe pacifico,sapiente e oltre dire pietoso - con bolla di  papa Innocenzo II. Esso aveva un sol piano superiore e veniva posseduto in un altra chiesa e sobborgo, con le sue terre schiavi ed armenti, da quei monaci Benedettini detti di Vallombrosa. Questi, ogn'anno alli 29 settembre, vi celebravano una gran festa con tutto lo sfarzo monacale d'allora.I villaggi vicini, gran parte del Logudoro e d'altre contrade dell'Isola vi concorrevano; massime per assistervi all'apertura della Porta Santa, che si eseguiva nella chiesa con un modo di curiose cerimonie, e con concessione d'indulgenza plenaria. Era appunto in così fatta ricorrenza che tutta quella gente viaggiava alla volta di Salvenero, e con tanta premura e letizia che avrebbe fatto pietà nel pensare alle sue immani disgrazie. - Ma era questo l'andazzo di quei tempi ne' quali, un momento di sollievo, bastava ad obliare ogni durato affanno!

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pp. 16-17
In Sardegna – ove sono vini squisiti e prelibati quanto ogni bel paese d'Italia – qualche volta si fa abuso di questo nettare affascinante; ciò avviene d'ordinario nelle feste e a ben pochi; anzi a nostra gloria bisogna dire che il malaccorto adoratore di Bacco viene dai noi beffato senza misericordia – anche dagli stessi suoi amici e compaesani. Accanto a questa turba s'inoltrava altra folla di popolani avviati alla chiesetta. Erano mesti nel viso e abbattuti, e sembravano le anime di Dante quando cantavano il miserere a verso a verso. Ognuno d'essi aveva un cereo e la corona in mani e incedeva biascicando orazioni; alcuni erano scalzi e a capo scoperto con la prolissa chioma sparsa di cenere, altri si trascinavano, anzi orrore la vista d'un uomo, il quale, con gli occhi bendati e con le spalle nude, si flagellava miseramente con una taglientissima disciplina versando il sangue in gran copia.... Erano tutti fedeli che compivano un voto promesso al miracoloso Santo... Miserabile ma pur fedele immagine di quel secolo!

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pp. 18-19
Malann'abbi! - gridò un popolano che era stato atterrato e mezzo pesto dall'impeto – Malann'abbi, marrano scellerato!.... Va, me la pagherai... - Zitto per Dio, Valentino, - borbottava un'altro riprendendolo – non sai tu quanto possano quei crudeli tiranni? - Eh! Si, lo so lo so – ripigliava il primo – e pur troppo! Ma finchè noi staremo sotto la frusta di questi manigoldi saremo sempre macerati a questo modo. - Vorrei sentire un po' che potremo noi fare per non esserlo? - prorompeva un terzo a cui era toccata una forte botta sul naso. - O che! Non avete voi due braccia, due mani ed un coltello? Non sapete che anche gli scellerati son di carne e d'ossa al paro di voi? Chi v'impedisce dal non farne un compiuto massacro? - Ah, voi li temete n'è vero, avete paura de' loro ceffi torti......! O, vedrete se io li temerò, se me la pagherà colui – per San Gavino! Sentite, e qui il popolano si toglieva rispettosamente il berretto – per San Gavino, colui me la pagherà ben cara – e non più tardi di questo giorno istesso! - La cavalcata irrompente continuava a sbaragliare la folla allorchè il Bastardo colpito dalla vaghissima vista d'un oggetto, raffrenò lo scalpitante destriero.

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p. 19
Poi volgendosi a un fido che gli stava al fianco e che era un vigoroso Etiopo, accennandogli l'oggetto della sua attenzione gli fece a mezza voce: - Moro, vedi tu quella fanciulla? - ella è pur bella! - Pel Profeta se è bella! - esclamava il moro spalancando i suoi occhi di cocco - E' una delle Urridi di Allà, colei!

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pp. 22-24
Pertanto le campane di Salvenero e della chiesetta avevano ripresa lena. Ora si segnavano i rintocchi delle diverse cerimonie da farsi. Dentro la chiesa sull'altare maggiore, si stava apparecchiando un sontuoso faldistorio a frange d'oro tempestato a borchie ed un altro fuori dalla chiesa e vicino alla Porta Santa - che era una porticella praticata in una parete della stessa chiesa; in quest'ultimo si sarebbe dappoi l'Abbate prima di eseguirsi la solenne apertura. La chiesa era adobbata da larghi drapelloni rabescati – gli ori e gli argenti vi erano a profusione, i ceri innumerabili. Un raggio di sole penetrando dalla rotonda invetriata illuminava fantasticamente la maggior parte della navata; quivi in mezzo ad aurei candelabri disposti in bell'ordine e ad una moltitudine di popolo infervorato nella preghiera, s'ergeva il simulacro del glorioso Santo. Attorno v'erano sparsi i voti dei fedeli allusivi alla infermità da cui si era guariti, mercè l'intercessione dello stesso Santo e che consistevano in trecce da donna, in teste, in bracci – gambe e in altre membra d'uomo lavorate in legno – tinte in rosso con le macchie livide. E anche in qualche somma di denaro! All'ora stabilita si celbrò la messa con tutta pompa fra un concento di coristi e di monaci, quindi si fece la solita processione in giro del sottoborbo col simulacro del Santo, mancava d'eseguirsi l'apertura della porta Santa. Finalmente, l'abbate del monastero rivestito di abiti sacerdotali si dispone ad intraprendere l'ambita cerimonia. Egli comparisce sulla soglia della chiesa: venerando è il suo aspetto, maestoso il suo sguardo; la sua fronte è rugata per la tarda età, i suoi bianchi capelli sono cinti da un mitra di fino zendado a diamanti. Egli s'appoggiava con gravità pastorale su d'un bacolo d'argento; […] - la porta cigolando sui cardini si spalanca, un onda di popolo smanioso vi prorompe e mentre s'intuona l'inno di ringraziamento a Dio. La solenne cerimonia era qui finita. Quella porta si lasciava aperta per un mese – quando si racchiudeva – vi era concessione d'indulgenza plenaria per tutti quelli che vi erano passati. E le indulgenze inallora valevano qualche cosa!

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