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autori

Enrico Costa

opere

La bella di Cabras

Enrico Costa

Cagliari, Centro di Studi Filologici Sardi / Cuec, 2007

La bella di Cabras

Enrico Costa

pp. 32-33
Questo fazzoletto – certo il più grande fazzoletto del mondo – viene assicurato sulla testa e scende libero e svolazzante sulla persona, per una lunghezza di oltre un metro. Esso fa proprio l'ufficio degli scialli, e si mette solamente in testa quando si esce fuori di casa. A parer mio è l'indumento più antipatico e antiartistico che esista, con buona pace del padre Bresciani, il quale vuole riconoscere in esso il vero peplo ellenico, che richiama il peplo addobbate Achee. Le campidanesi, d'ordinario, camminano in fretta, leste leste, e non di rado l'aria sbatte in tutti i sensi i tre lembi del loro fazzoletto, mentre esse tengono con una mano il quarto per coprirsi il mento e la bocca. L'uso di coprirsi la bocca è veramente orientale, ma io credo esso debbasi piuttosto a naturale istinto, che a contratta abitudine. Vi ha chi disse che simile uso nelle campidanesi abbia intimo rapporto con qualche antica misura igienica per preservarsi dalla malaria; ma se questa ragione potrebbe esser valida per gli uomini, che sovrappongono al berretto un fazzoletto, non può esserla per le donne; inquantoché l'usanza si riscontra in tutta l'isola, anche nei paesi freddi e d'aria più salubre, come Osilo, Bono, Bitti, Fonni e Tempio. In quest'ultima città, per esempio, tanto in estate quanto in inverno, voi vedrete le donne coprirsi la bocca con un lembo della gonnella, che sogliono portare alla testa, altro indumento antipatico e antiartistico, che non favorisce certo la grazia e l'avvenenza delle amabili tempiese. Le quali, pertanto, trovano il mezzo, (con certe occhiate assassine e con certi ciuffetti, che cacciano fuori dalla gonnella) di attirare l'attenzione ed i sospiri del sesso forte.

costumi, geografia

p. 32
Rosa aveva adorna la testa con un piccolo fazzoletto color albicocca, che dava molto risalto alla sua carnagione bianco-orientale, sulla quale, alla loro volta, spiccavano in modo singolare due occhioni neri a mandorla, nonché due labbra vermiglie e tumide che se la intendevano a meraviglia nell'esprimere il misterioso linguaggio dell'amore e della voluttà, forse inconsciamente. Ultimo indumento che completava il vestiario di Rosa – come quello di tutte le donne del Campidano – era un ampio fazzoletto a fondo color marrone con largo olro grigio e tempestato a ricami impressi a stampa.

colori, costumi

p. 33
Certo è che in nessuna parte del mondo si troveranno paesane che siano più maestre delle sarde nell'acconciatura della testa e del seno. Ed è questa una prerogativa che fu riconosciuta e rilevata da più d'un poeta ed artista. Il Mantegazza osserva a ragione, che le donne sarde mettono una grazia infinita per lasciar indovinare il più che possono le bellissime bellezze del seno; intorno al quale – egli scrive – pongono un sistema di cortine e di baluardi, una specie di arsenale strategico, che dovrebbe esser fatto per la difesa, ed è invece un'offesa continua, formidabile.

costumi

p. 34
Il primo – vestito cogli abiti di festa – colla corta ed elegante giacchetta di panno e coi candidi calzoni di tela, spiccava fra i giovani per la perfezione delle forme, per l'aria nobile ed altera che lo rendeva caro alle donne, e per quell'occhio grande e azzurrino che brillava come un lampo sotto una capigliatura corvina, folta, ricciuta, che gli cadeva sulle spalle e sulle orecchie. Il secondo invece – Piringino – vestito tra il signore ed il paesano, coi pantaloni neri e un ampio cappello di feltro grigio, era in mezzo ad un crocchio di amici, col sogghigno sulle labbra.

colori, costumi

p. 35
Poi, rosso come bragia, salutò la moglie e la figlia maggiore di zio Antonio Maria.

colori

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