Enrico Costa
Cagliari, Centro di Studi Filologici Sardi / Cuec, 2007
La bella di Cabras
Enrico Costa
p. 242
Certo è, che fra gli sponsali d'oggidì e quelli descritti dal Bresciani havvi qualche variazione dovuta in parte alla miseria delle popolazioni sarde, e in parte a quel po' di soggezione che la nuova civiltà cittadina impone alle antiche costumanze del contado. Nel tempi descritti dal Bresciani i generosi baroni prestavano arazzi, cavalli, gualdrappe e non so che altro agli sposi; oggi invece i matrimoni si effettuano più alla liscia, perché i baroni non ci sono più.
p. 243
I quali (sposi), in quell'occasione, sogliono dar prova della futura armonia, mangiando la minestra nello stesso piatto e collo stesso cucchiaio, bevendo nello stesso bicchiere, e spartendo da buoni amici quanto si porta a tavola.
p. 244
Dagli usci delle case e dalle basse finestre, in cui stavano aggruppate le forosette, si gettavano sugli sposi manate di grano, in segno di abbondanza; né mancarono color che buttavano i piatti in terra, per romperli, in segno di allegria: manifestazioni tuttora in vigore in diverse regioni della Sardegna.
p. 245
Il giorno seguente si tornò a imbandir tavola nuziale, alla quale assistettero i parenti di Beppe. Né fu dimenticato di spedire a Cabras porzione delle pietanze, destinata ai parenti di Filomena. E ciò in omaggio all'usanza, la quale vieta al padre ed alla madre della sposa d'intervenire al pranzo di nozze della loro figlia. Il banchetto fu allegro e chiassoso; né mancò chi fece un brindisi, augurando alla sposa, fra nove mesi, il dono della gallina e del succu. Il poeta voleva alludere ad altra usanza, comune nel campidano: quella, cioè, che impone alla comare di regalare alla puerpera (dopo il battesimo del primo figlio) una gallina, le cui ali, il collo ed i piedi vengono allacciati con tre nastri di seta. La povera bestiola, destinata al sagrifizio, suol presentarsi sopra un cestello elegante, colmo del succu di cui abbiamo parlato.
p. 260
Credente convinto e forte delle proprie opinioni, l'avvocato Mulineddu vantavasi apertamente di due atti della sua vita, di cui non provava alcun rimorso: quello cioè di aver caldamente parteggiato con coloro che nel novembre nel 1857 avevano dato il voto al teologo Don Margotti, riuscendo a farlo eleggere, a primo scrutinio, deputato d'Oristano e quello di essersi pubblicamente compiaciuto, nel giugno del 1861, della morte del ministro Cavour, nemico dichiarato dei frati e dei conventi.