Enrico Costa
Cagliari, Centro di Studi Filologici Sardi / Cuec, 2007
La bella di Cabras
Enrico Costa
p. 188
L'oro e l'argento lucicavano qua e là sui pani de saba, o sulle cappe inzuccherate dei pistoccheddus.
p. 188
I monelli – picciocus de crobi – ti assalivano da ogni parte, e ti presentavano le loro linde corbelle.
p. 188
I rigattieri – pettoruti, baldanzosi e sbarbati di fresco – col tubo rosso in testa e il grembiale di bucato ai fianchi, vantavano a voce alta la propria merce.
p. 188
Perché ogni rivenditore si era fatto un dovere di adornare la propria bottega, o la propria baracca, con foglie d'alloro, pile di aranci e mazzi di fiori. […] mentre il mirto, simbolo dell'amore, faceva capolino dal ventre squarciato dei porcetti di latte [...] Su per le finestre ed i balconi, adorni di arazzi d'ogni colore, era un mondo di donne e di bambini, veri mazzi di fiori (con qualche foglia di malva, s'intende).
p. 189
Quella di Sant'Efisio è senza dubbio la festa più solenne, più splendida e più popolare dell'isola. Valery scrisse che nessun'altra in Italia gli parve degna di essere pareggiata; e il Bresciani la chiamò del pari uno spettacolo presso che unico nella penisola italiana.