Enrico Costa
Cagliari, Centro di Studi Filologici Sardi / Cuec, 2007
La bella di Cabras
Enrico Costa
p. 106
Donna Clara era anch'essa una buonissima signora, ma aveva due debolezze: era bigotta fino a stancare gli altari, e appassionata della propria nobiltà, che pretendeva risalisse non so a qual passato remoto, forse ai tempi in cui i popoli di Tharros avevano abbandonato la famosa città fenicia per venire ad abitare sulle sponde del Tirso. p. 106Ma Donna Clara non gliela dava vinta. Come la Donna Fabia del poeta milanese Porta, ella spingeva la tenerezza del blasone, fino a rendere grazie a Dio di averla fatta nascere nel ceto distinto della prima nobiltà; senza accorgersi che insultava Gesù, figlio di un falegname.
pp. 106-107
Alle cinque si recava in cattedrale per dir messa; alle cinque e mezza, dalla serva si faceva portare il caffè in sagrestia; alle sette tornava a casa a far colazione; alle nove andava in Coro; alle dieci a casa per recitare sul breviario qualche ora canonica omessa in Coro; a mezzogiorno pranzo; poi due ore di sonnetto; di nuovo in Coro verso le quattro; a passeggio dalle sei alle sette; dalle otto alle nove ricreazione in casa con esercizio archeologici; alle nove cena, e finalmente alle dieci a letto.
p. 106
Don Piricu cercava di far capire alla moglie che certe idee bisognava deporle, o almeno fingere di deporle, poiché il quarantotto, le aveva avariate, se non distrutte.
p. 106
Indossata la sottana nera, aveva capito che bisognava tirare innanzi sulla via del dovere, senza recriminazioni.
p. 107
Don Antonio […] volentieri si era incaricato dell'amministrazione delle molte terre possedute dalla famiglia in Donigala, in Solanas, in Nuraxinieddu e in Simaxis.