Giuseppe Desś
Milano, Feltrinelli, 1961
Il disertore
Giuseppe Desś
p. 245
Non pregava mai di non morire, pregava di non morire di quel male.
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Poi recitava le preghiere della notte, che erano preghiere tradizionali, ma erano anche un colloquio con se stessa.
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laquo;Con l’aiuto di Dio» mormorò Sofia.
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Non era più così sola, e c’erano momenti in cui si sentiva sicura, protetta, in armonia con le cose, felice di esistere e di esistere proprio così, con il destino che Dio le aveva dato, in quella casa, in quel paese, sotto quel cielo in cui trascorrevano rapide le stagioni, inseguite o contrastate dal maestrale o dallo scirocco.
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La morfina non faceva più effetto, ma a volte, fantasticando sul filo delle preghiere e pensando ai morti, ritrovava il sonno. Si ricordò che non aveva pregato per Valentina e per zio Raimondo Collu. […] Come sempre, le preghiere le diedero un senso di calma. […] Sapeva che sua madre non accettava la morte. Aveva chiesto i Sacramenti tre giorni prima, e aveva ricevuto l’Estrema Unzione, ma non era rassegnata e il giovane prete ch’era venuto non aveva saputo trovare le parole.