Giuseppe Dessì
Milano, Mondadori, 1972
Paese d'ombre
Giuseppe Dessì
p. 39
Sedeva in groppa su di una coperta da scuderia piegata in quattro, col suo vestito delle feste, la mantiglia di seta nera sui capelli, e col braccio destro cingeva la vita di Angelo, che stava in sella diritto e fiero. Dall’alto vedevano la gran processione d’ombre bianche che si piegava al minimo soffio di vento.
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Dall’alto vedevano la gran processione d’ombre bianche che si piegava al minimo soffio di vento.
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La lampada votiva che era accesa sul canterano palpitava e illuminava debolmente le immagini dei Santi. Come in sogno, andò vicino al canterano, appoggiò le mani al ripiano di vecchio legno tarlato, si inchinò e dopo essersi segnata cominciò a pregare.
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Lo scoprì di nuovo, quando fu sola, per guardarlo ancora una volta e mettergli tra le dita una corona benedetta col crocefisso di metallo.
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Zurito nitriva e batteva con lo zoccolo contro il cancelletto; la casa si era riempita di gente e c’erano anche tutti i Fulgheri, vecchi e giovani, dagli zii di Don Francesco, Giovannantonio e Fernanda più che nonagenari, agli ultimi nipoti, i figli del dottor Tommaso, Margherita, Carmela e Franceschino che pareva portassero sul petto lo stemma di famiglia e il don nobiliare, tanto stavano rigidi e impettiti in mezzo alla gente.