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autori

Giuseppe Dessì

opere

Il disertore

Paese d'ombre

Giuseppe Dessì

Milano, Mondadori, 1972

Paese d'ombre

Giuseppe Dessì

p. 339
Come poteva lasciare che la sua gente venisse ingannata?

gente

p. 340
C’era nell’aria un odore di acquavite all’anice. Improvvisamente Angelo si ricordò che era carnevale. Ecco perché fischiavano, i paesani, contadini e pecorai; non per la politica consapevolezza, non per ribellione, ma soltanto perché avevan bevuto fin dalla mattina, e perché era carnevale, perché era cominciato il pazzo, sfrenato carnevale della povera gente di Norbio, contro il quale egli aveva emanato inutilmente tante ordinanze restrittive. Anzi era proprio l’ultimo giorno di carnevale, il più pazzo, il più sfrenato, che finiva sempre con risse mortali. Già tanti anni prima aveva proibito l’uso delle maschere e la vendita dell’acquavite nelle bettole. Si era fatto odiare come un guastafeste, un traditore del popolo, capace di allearsi, al momento buono, con i carabinieri e con i preti. Inutilmente aveva lottato: l’ultimo giorno di carnevale, il morto ci scappava sempre.

costumi

p. 340
Margherita Fulgheri Uras si era già alzata e, aiutata da Aurelia, la ragazza dai capelli rossi, faceva toeletta avvolta nella sua ampia vestaglia color lilla. […] Gli piaceva assistere a quella toeletta della nonna; gli piaceva l’odor di menta del dentifricio, quello di rosa della crema, e sopratutto quello della buona «Acqua di Felsina» che sovrastava tutti gli altri.

colori

p. 341
Gli uomini erano vestiti di nero, come sempre nei giorni di festa, e portavano al risvolto della giacca strane coccarde di carta colorata ornate di stelle filanti. Alcuni avevano sulla testa, come un elmo, assicurato dal sottogola di elastico, maschere di cartone o di cartapesta dai lunghi nasi; altri, calzoni alla zuava a colori sgargianti e tutti rapezzati, giustacuori variegati, vestiti da donna, o lenzuola legate con un nastro, due buchi per le braccia e due fori per gli occhi. […] No, era odore di acquavite all’anice perché era festa, era l’ultimo giorno di carnevale, e quel giorno le donne avrebbero fatto le frittelle dal miele e le avrebbero offerte col vino bianco alle maschere entrate liberamente nel cortile. Nessuno avrebbe ordinato ai bambini di star fermi, di star quieti, perché era carnevale e si poteva fare qualunque cosa. […] Il «cacciatore» è la maschera caratteristica di Norbio.

colori, costumi

pp. 341-342
ldquo;La sua tenuta è approssimativamente quella di un cacciatore, solo che gli abiti sono di colori strani e sgargianti, dal giallo all’azzurro e sempre rappezzati”.

colori, costumi

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