Giuseppe Dessì
Milano, Mondadori, 1972
Paese d'ombre
Giuseppe Dessì
p. 326
Entrò nello spaccio e si fece servire un bicchierino d’acquavite. Lo tracannò d’un colpo, alla paesana, ne chiese un altro.
p. 327
Sarebbe stato diverso per i piccoli proprietari di pecore e di capre, i quali avrebbero avuto il pascolo a un prezzo inferiore e, in un futuro non lontano, addirittura gratuitamente, come nei tempi andati quando la terra era di tutti come l’aria, le nuvole e il cielo.
p. 327
Se ne lasciò versare un altro e lo tracannò come i primi due. […] A un tratto risuonarono alte e chiare dalla piazza del Municipio le note della cornetta del banditore.
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La legge delle chiudende aveva creato forzosamente la proprietà privata, distruggendo l’equilibrio della vita comunitaria e dando luogo all’insanabile dissidio tra contadini, divenuti improvvisamente proprietari e i pastori costretti al nomadismo, sempre in cerca di un pascolo per il branco affamato, quel branco che era la loro unica risorsa e che erano pronti a difendere a qualunque costo.
p. 328
laquo;Troppe cose vuoi fare, troppe cose» aveva detto il senatore quando aveva saputo del progetto di rimboschimento dei contrafforti del Linas.