Giuseppe Dessì
Milano, Mondadori, 1972
Paese d'ombre
Giuseppe Dessì
p. 32
La casa di Don Francesco, insieme con quelle degli altri Fulgheri, era tra pochissime di Norbio fornite di servizi igienici, compresa la stanza da bagno, anche se, al posto della normale vasca, c’era una grande tinozza rotonda, di quelle che si usano in Parte d’Ispi per pigiare l’uva.
p. 32
Sofia diede un grido e se lo strinse ancora al seno. «Dio ti ha protetto, la Santa Vergine ha tenuto su di te le sue mani misericordiose.».
p. 33
Certo non pensava di morire così, né che alla sua veglia funebre avrebbero preso parte solo le volpi e i gufi di Balanotti.
pp. 33-34
Quasi a confermare le sue parole e i suoi pensieri, si levò alto e penetrante lo squittìo di una volpe. Era la volpe che faceva udire il suo grido ogni notte, a quell’ora, poco dopo l’Avemaria, la stessa che rubava i capretti nel rione Castàngias e si rifugiava poi nel Monte del Carmine, dove si ritrovavano i resti delle sue vittime.
p. 34
laquo;Una pianta di elce» risposte Angelo, come se la cosa avesse importanza. Allora parlò lei, sommessamente, e per la prima volta gli rivelò che l’anima dei defunti, secondo un’antica credenza di Norbio, dopo aver vagato per la campagna come l’odore di un’erba o di un fiore, sceglie una tenera pianta, e vi si rifugia, e in quell’asilo vegetale rimane fino a quando non piaccia a Dio di accoglierla nella sua gloria.