Giuseppe Dessì
Milano, Mondadori, 1972
Paese d'ombre
Giuseppe Dessì
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laquo;Pare che lo mandino a Massaua, sul Mar Rosso».
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In cortile studiava attentamente un puledro grigio che suo padre aveva acquistato qualche mese prima alla fiera di Sant’Antine. Era una bella bestia di tre anni, dalla testa vivace, con una lunga stella che gli scendeva fino al muso bruno. Era in divisa da tenente di fanteria, con i calzoni azzurri a pelle che modellavano le gambe un po’ corte ma ben fatte.
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ldquo;Francesco si trovava a suo agio nella vasta cucina pavimentata di lastroni di grigia pietra lavica, le pareti ricoperte di lucide mattonelle, il grande tavolo di castagno massiccio, le seggiole basse, dipinte a fiori, i capaci armadi, e la mensola sulla quale stavano allineate le rustiche brocche per l’acqua potabile, sempre umide e trasudanti, chiuse da grossi tappi di sughero; e le donne indaffarate, con le maniche rimboccate su le braccia rosse, il viso imporporato dal fuoco del camino&rdquo
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laquo;È vero che vai in Africa? […] «»Non è ancora una notizia certa, e, se io non insito mi lasceranno dove sto, al 28° di stanza a Parma».
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Francesco si trovava a suo agio nella vasta cucina pavimentata di lastroni di grigia pietra lavica, le pareti ricoperte di lucide mattonelle, il grande tavolo di castagno massiccio, le seggiole basse, dipinte a fiori, i capaci armadi, e la mensola sulla quale stavano allineate le rustiche brocche per l’acqua potabile, sempre umide e trasudenti, chiuse da grossi tappi di sughero; e le donne indaffarate, con le maniche rimboccate su le braccia rosse, il viso imporporato dal fuoco del camino.