Giuseppe Dessì
Milano, Mondadori, 1972
Paese d'ombre
Giuseppe Dessì
p. 275
Talvolta erano solo massaius, cioè piccoli proprietari, padroni di pochi starelli di terra, di qualche giogo di buoi, o di un branco di pecore. I più poveri non votavano, stavano a vedere. Ognuno deiprinzipales disponeva di un certo numero di voti dimassaius a lui devoti, perciò l’elezione del Consiglio comunale e del sindaco erano nelle loro mani. […] Per i prinzipales, «bravi consiglieri» significava gente remissiva e pronta all’obbedienza.
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Talvolta erano solo massaius, cioè piccoli proprietari, padroni di pochi starelli di terra, di qualche giogo di buoi, o di un branco di pecore. I più poveri non votavano, stavano a vedere. Ognuno dei prinzipales disponeva di un certo numero di voti di massaius a lui devoti, perciò l’elezione del Consiglio comunale e del sindaco erano nelle loro mani. […] Per i prinzipales, «bravi consiglieri» significava gente remissiva e pronta all’obbedienza.
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Ma era sempre meglio di quando il marchese Crespi Biondo di Valdaura prendeva le sue decisioni senza consultarsi e l’illustre Donna Faustina convocava nella piazza grande «in numero di 278» i capi famiglia per dare istruzioni circa il modo di coltivare le terre, e graziosamente concedeva che in esse coltivassero «fave e legumi, non il frumento, nec alias». Quando i prinzipales se ne furono andati, l’avvocato chiamò il giovane Antioco e gli spiego perché non gli conveniva essere eletto sindaco; gli disse anche che, in giornata, avrebbe dovuto parlare con Angelo Uras.
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Ma era sempre meglio di quando il marchese Crespi Biondo di Valdaura prendeva le sue decisioni senza consultarsi e l’illustre Donna Faustina convocava nella piazza grande «in numero di 278» i capi famiglia per dare istruzioni circa il modo di coltivare le terre, e graziosamente concedeva che in esse coltivassero «fave e legumi, non il frumento, nec alias»Quando i prinzipales se ne furono andati, l’avvocato chiamò il giovane Antioco e gli spiego perché non gli conveniva essere eletto sindaco; gli disse anche che, in giornata, avrebbe dovuto parlare con Angelo Uras.
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Il bersaglio poteva essere la banderuola di ferro di uno dei tanti comignoli del Palazzo arcivescovile che, colpita, girava all’impazzata emettendo un lamentoso cigolìo che si udiva anche da casa Fulgheri; oppure il galletto di lamiera infilzato nel parafulmine dell’agile campanile di Santa Barbara che svettava sopra i tetti contro lo sfondo di Monte Homo; o la grande campana che appariva come un triangolo nero nel vano della torre.