Giuseppe Dessì
Milano, Mondadori, 1972
Paese d'ombre
Giuseppe Dessì
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In molti paesi del Centro, quando gli esattori apparivano all’orizzonte, venivano presi a fucilate e se ne tornavano, quando tornavano, a mani vuote; ma più spesso l’esattore, spalleggiato dai Carabinieri, metteva all’asta casette e campicelli, e tutto questo senza che nessuno tentasse di difendere gli isolani. I politici, legati agli interessi del governo, predicavano la rassegnazione. I sardi si convincevano di essere sudditi e non concittadini degli italiani, e sempre più si abbandonavano alla loro secolare apatia e alla totale sfiducia nello Stato.
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Attraverso i vetri si vedeva il mare verde e il cielo grigio sui bruni bastioni michelangioleschi di Civitavecchia.
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Il governo regio e i fanatici dell’unificazione non avevano tenuto conto delle differenze geografiche e culturali, e avevano applicato sbrigativamente a tutta l’Italia un uniforme indirizzo politico e amministrativo.
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Attraverso i vetri si vedeva il mare verde e il cielo grigio sui bruni bastioni michelangioleschi di Civitavecchia.
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Dopo la fiammata del Risorgimento, era cominciata l’Italia istituzionalizzata dei prefetti e dei generali, l’Italia della tassa sul macinato e di Dogali, che possedeva soltanto di nome indipendenza, unità e libertà, e nelle sterili polemiche tra Destra e Sinistra si delineava già l’inetta classe dirigente che doveva accompagnarla verso la Grande Guerra e il fascismo.