Giuseppe Dessì
Milano, Mondadori, 1972
Paese d'ombre
Giuseppe Dessì
p. 26
Nell’aria era sospeso un pulviscolo sottile rossastro simile alla nebbia del primo mattino. Sotto i finimenti del cavallo s’era formata una schiuma bianca, arrossata sulla groppa dal sangue che colava dalla ferita, un lungo solco che lasciava scoperta la carne viva.
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La terra gli portava questi rumori ben distinti: era come se vedesse il calesse giallo con Don Francesco che agitava le lunghe braccia magre e, più in là, oltre la sua testa nuda e calva la groppa bianca di Zurito con il solco rosso della ferita.
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Si svegliò al tramonto, quando il sole, prima di scendere dietro Monte Magno, gli dardeggiò in faccia gli ultimi raggi di sotto le fronde degli olivi.
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Zio Vissente subsunnava sfregandosi la barba grigiastra.
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In fondo alla strada, vide il calesse, piccolissimo, saltare in aria, rovesciarsi su un fianco, e vide anche, per un attimo, la figurina nera di Don Francesco, sospesa sul groviglio del calesse giallo e del cavallo bianco; poi non udì e non vide più nulla