Giuseppe Dessì
Milano, Mondadori, 1972
Paese d'ombre
Giuseppe Dessì
p. 213
Le condizioni dell’economia sarda e la politica isolana attraversavano un brutto momento e non sarebbe stato facile ottenere un prestito. La «guerra delle tariffe» con la Francia aveva interrotto le esportazioni in questo paese, e diversi istituti bancari erano falliti.
pp. 213-214
Spesso, in casa Manno, si parlava di queste cose e Dolores ascoltava attentissima, ma poiché nessuno si curava di rispondere alle sue domande, si rifaceva più tardi con Angelo. Voleva sapere cos’è un Istituto di Credito, cos’è il tetano e, nella sua innocenza, non si spiegava perché i soldati, che devono difendere la patria (questo lo aveva imparato a scuola), potessero sparare sui cittadini, che erano, a suo avviso, una parte della patria.
p. 213
Clamoroso fu il fallimento del Credito Agricolo Industriale Sardo e della Cassa di Risparmio di Cagliari. Le prime voci sfavorevoli si diffusero nel febbraio del 1887, e per quanto l’«Avvenire di Sardegna» cercasse di rassicurare l’opinione pubblica, ogni tentativo in questo senso si rivelò inutile: le agenzie periferiche e la sede cagliaritana vennero prese d’assalto, e dopo pochi giorni le operazioni furono sospese.
p. 214
Una sera venne fuori la storia della miniera di Gebel Ressas, in Tunisia. Questa miniera, trascurata per secoli, era stata concessa nel 1828 a un ingegnere francese che non l’aveva sfruttata, e nel 1868 al barone Giacomo Castelnuovo, già medico del Bey e poi di Vittorio Emanuele II, come compenso delle sue prestazioni. Il barone Castelnuovo aveva, per qualche tempo, sfruttato i grossi depositi di scorie ancora ricche di metallo che giacevano nei pressi della miniera, ma poi, essendosi indebitato con alcune banche sarde, era stato costretto a cedere la miniera ai creditori, che avevano costituito la Società Mineraria Metallurgica Italiana, di cui l’ingegnere Antonio Ferraris era diventato autorevole consulente.
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L’anziano finanziere, alle domande del quale Angelo rispose sempre con calma e assennatezza, lo mise al corrente di alcune operazioni finanziarie e gli confidò che finalmente, dopo anni di incertezza e di violenti contrasti, andavano maturandosi le sorti della Tunisia; come in Italia gli ambienti più sensibili al problema tunisino si facessero attenti, e come si cercasse di creare nel paese una serie di imprese italiane che equilibrassero l’influenza francese. In questo lungimirante disegno – disse Ghiani Mameli tirandosi i favoriti e fissando i suoi occhi da felino in quelli innocenti di Angelo – rientravano sia l’acquisto della ferrovia Tunisi-la Goletta, sia il potenziamento della miniera Gebel Ressas, promosso appunto dallo stesso Ghiani Mameli e favorito dall’onorevole Cocco Ortu e da Pasquale Umana, politicamente vicini a Crispi, l’«astro nascente della politica italiana, che avrebbe colmato il vuoto lasciato dal compianto Camillo Benso di Cavour».