Giuseppe Dessì
Milano, Mondadori, 1972
Paese d'ombre
Giuseppe Dessì
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La gente usciva rapidamente dal grande portale che zio Antoneddu aveva spalancato borbottando tra i denti.
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ldquo;Il mercante imprecava in bosano, mentre il landeau si allontanava. Imprecava anche per scaramanzia, perché la vecchia carrozza nera e sgangherata gli era sembrata di malaugurio come un carro funebre «A s’inferru, a s’inferru, bagassa ezza!» Urlò tagliando l’aria con la mano. «All’inferno, all’inferno, vecchia bagascia!» […] In cucina i frantoiani Gavino e Vissente stavano tagliando i capretti e il porchetto, appena cotti nel grande fornello nel frantoio&rdquo
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Il mercante imprecava in bosano, mentre il landeau si allontanava. Imprecava anche per scaramanzia, perché la vecchia carrozza nera e sgangherata gli era sembrata di malaugurio come un carro funebre «A s’inferru, a s’inferru, bagassa ezza!» Urlò tagliando l’aria con la mano. «All’inferno, all’inferno, vecchia bagascia!»
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Dovette scansarsi alla svelta per evitare di essere travolto dal landeau, che, nero in mezzo a tutto quel bianco, sparì zigzagando tra le basse case che fiancheggiavano la via.
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Il mercante imprecava in bosano, mentre il landeau si allontanava. Imprecava anche per scaramanzia, perché la vecchia carrozza nera e sgangherata gli era sembrata di malaugurio come un carro funebre «A s’inferru, a s’inferru, bagassa ezza!» Urlò tagliando l’aria con la mano. «All’inferno, all’inferno, vecchia bagascia!».