Giuseppe Dessì
Milano, Mondadori, 1972
Paese d'ombre
Giuseppe Dessì
p. 144
Non incontrò nessuno lungo la strada che si spiegava ai piedi del Monte Homo e del Carmelo.
p. 144
ldquo;Prese la bisaccia, la borsa da caccia, il fucile e si avviò verso Norbio sotto la pioggia leggera che aveva ripreso a cadere con un lieve fruscìo. Seguendo il consiglio del vecchio, scelse la strada dei boschi meno frequentata e più breve. In certi punti erano ancora riconoscibili le orme di Zurito e Angelo, aggiustandosi ogni tanto sulla spalla il lembo del mantello d’orbace e la cinghia del fucile, sentiva la presenza di Valentina, come se lei lo precedesse o lo seguisse di volta in volta senza lasciarsi vedere ma senza mai perderlo d’occhio&rdquo
p. 145
Era zia Marietta Serra, una popolana che portava il nome aristocratico e antichissimo dei Giudici d’Arborea e che tutti rispettavano per la sua saggia bonomia e per quel nome arrivato a lei per vie misteriose.
p. 145
ldquo;Le antichissime mole che non hanno cambiato forma dal tempo dei nuragici, che sono quasi un simbolo dell’immutabilità delle forme in Parte d’Ispi, azionate dagli asinelli bendati che eternamente girano in tondo trasformando il grano in farina, chicco dopo chicco&rdquo
p. 145
La vecchia guardò Angelo con i suoi occhietti grigi dalle palpebre arrossate e fece un gesto che fa parte del particolare linguaggio mimico di tutte le nonne di Norbio, allungò la mano magra, diede alcuni colpetti di taglio sulla testa del giovane che si era chinato per ricevere quel segno, in apparenza una minaccia, ma in realtà un’affettuosa assoluzione.