Giuseppe Desś
Milano, Mondadori, 1972
Paese d'ombre
Giuseppe Desś
p. 99
Si alzò, ripose il cucito nell’apposito cestino, poi baciò il figlio sulla vena azzurra della tempia come quand’era bambino.
p. 100
Attualmente studiava legge a Torino e stava a Norbio soltanto nei periodi di vacanza.
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Ma di sera, quando i passeri si riunivano sui grandi cipressi che fiancheggiavano l’Oratorio delle Anime, allo stridìo assordante, come un misterioso segnale, da tutte le direzioni i ragazzi riaffluivano nella piazza. Quelle grida acute di ragazzi e quelle strida di passeri erano il primo segno della notte, a cui seguivano dal campanile della chiesa di Santa Barbara i rintocchi dell’Ave Maria.
pp. 100-101
I loro giochi si svolgevano secondo un rigoroso ciclo che coincideva con quello delle stagioni: d’estate si faceva il gioco della campana, quello dell’orologio in primavera, in autunno si svolgevano le lunghe e complesse gare di trottola, veri e propri tornei, con gironi distinti a seconda della grandezza del tipo delle trottole e anche della qualità del legno con cui erano state costruite. Autunnale era anche il gioco delle biglie di ferro, di terracotta o di vetro, le più pregiate queste, ottenute schiacciando con un grosso sasso le robuste bottiglie di gazosa, unica bibita non alcolica in vendita nelle affumicate bettole di Norbio; e così anche il gioco dei bottini, che consisteva nel fare arrivare con il minor numero possibile di colpi di pollice entro una piccola buca, un bottone d’osso o di metallo. Nelle giornate piovose i ragazzi giocavano a carte nella loggetta dell’Oratorio delle Anime o sotto il porticato del Monte granatico, oppure a testa e croce lanciando per aria o contro un muro piccole monete di rame da reale, da un soldo o da mezza pezza. A Norbio non circolava altra moneta, eppure ogni ragazzino aveva in tasca qualche spicciolo per giocare a testa o croce, come le vecchiette avevano quelli occorrenti per comprare le poche once di caffè o di tabacco da fiuto dei loro ultimi anni. Ragazzini e vecchiette andavano nei boschi a raccoglier legna da ardere e la vendevano a una lira il fascio e poi spicciolavano la lira e la giocavano o si compravano il caffè e il tabacco. Vi erano poi altri giochi che sfuggivano alla norma delle stagioni come il gioco della guerra che li portava lontano da piazza Cadoni, lungo il tetto sassoso della Fluminera, per i vicoli angusti del paese, per lo stradone polveroso di Acquapiana, per le circostanti campagne, nei prati o nei boschi. Ma di sera, quando i passeri si riunivano sui grandi cipressi che fiancheggiavano l’Oratorio delle Anime, allo stridìo assordante, come un misterioso segnale, da tutte le direzioni i ragazzi riaffluivano nella piazza. Quelle grida acute di ragazzi e quelle strida di passeri erano il primo segno della notte, a cui seguivano dal campanile della chiesa di Santa Barbara i rintocchi dell’Ave Maria.
p. 100
Ma di sera, quando i passeri si riunivano sui grandi cipressi che fiancheggiavano l’Oratorio delle Anime, allo stridìo assordante, come un misterioso segnale, da tutte le direzioni i ragazzi riaffluivano nella piazza. Quelle grida acute di ragazzi e quelle strida di passeri erano il primo segno della notte, a cui seguivano dal campanile della chiesa di Santa Barbara i rintocchi dell’Ave Maria.