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autori

Giuseppe Dessì

opere

Il disertore

Paese d'ombre

Giuseppe Dessì

Milano, Mondadori, 1972

Paese d'ombre

Giuseppe Dessì

p. 88
Gli era accaduto un’altra volta di star solo con lei in una stanza chiusa, di starle così vicino, di sfiorarla a ogni passo, di vedere le pagliuzze d’oro di cui era piena l’iride bruna dei suoi occhi; gli era accaduto quello stesso anno, pochi mesi prima, in casa di comare Verdiana. […] Valentina aprì e spinse la porta che dava nel sottostante magazzino, un ampio vano profondo illuminato dalla luce bianca di lampade ad acetilene dal quale saliva, come da una cisterna, un alito freddo e umido impregnato dell’odore amaro delle olive che vi stavano ammucchiate.

colori

p. 89
Angelo respirava a pieni polmoni l’odore amaro, ma, a tratti, sentiva ancora il profumo di lei, più vivo e penetrante, come quando camminando lungo il greto di un fiume o in un prato accade di calpestare un cespo di menta o di timo e il profumo acuto subito di avvolge.

flora e fauna

p. 89
Portava il suo solito grembiale di sacco pieno di macchie e rattoppi, ma attorno ai capelli teneva legato con civetteria un fazzoletto di lanetta bianca orlato di fiori sgargianti. I riccioli neri e ribelli sfuggivano dal fazzoletto e la camicia di bucato era un poco aperta sul petto. […] «Una coglitrice: lavora a cottimo a Balanotti» disse Angelo, mentre con un gesto lento e fiacco rispondeva con la mano al saluto di Giulia che lo fissava con i suoi occhi, neri come due olive more. […] «Cinquantanove» gridò Giulia con lo stesso tono e quasi con la stessa voce dall’altra parte dello stanzone; mostrò le cinque dita di una mano aperta e poi nove, con tutte e due le mani nere di morchia.

colori

p. 91
Sapeva che quegli uomini ce l’avevano messa tutta per fargli far bella figura, perché gli volevano bene, perché erano stati compagni di lavoro di suo padre e aveva ballato il ballo tondo con sua madre sul sagrato della chiesa.

costumi

p. 91
Cos’altro poteva essere se non il trenino decauville che scendeva a valle carico di tronchi, con i muli stipati nell’ultimo vagone – i muli che l’ingegnere aveva fatto arrivare dal Piemonte per mettere in atto il progetto di Angelo.

lingua

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