Giuseppe Dessì
Milano, Mondadori, 1972
Paese d'ombre
Giuseppe Dessì
p. 66
Si udiva ogni tanto un latrato e si vedeva un puntino bianco, il codinzolo della lepre si allontanava zigzagando, fermarsi un attimo, riprendere la fuga.
p. 66
Si udiva ogni tanto un latrato e si vedeva un puntino bianco, il codinzolo della lepre si allontanava zigzagando, fermarsi un attimo, riprendere la fuga.
p. 66
Il vecchio indicò nel cielo una nuvola nera, fuligginosa come la fumata di una carbonaia.
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Angelo agganciava le tirelle alla carretta quando si accorse che il cane era tornato. Lo sentì ansare da lontano, poi era lì, ai suoi piedi. Non aveva osato sperare che il suo desiderio si sarebbe avverato, ma era proprio così: Carignosa era riuscita ad acchiappare la lepre, e il vecchio cominciò subito a sventrarla. «Sei meglio di quel che credevo» disse zio Raimondo gettando oltre i cespugli le interiora, poi aggiunse: «È un buon cane, vedi! Non tocca le interiora, anche se ha fame. Non l’avrei creduto.» Angelo si chinò ad accarezzarlo, si strinse al petto la testa sottile. Quando si rizzò fece un breve cenno con la mano e il cane, agile e leggero, balzò sul carro.
p. 71
Ma, per quell’anno non accadde nulla, perché dopo sei giorni la pioggia cessò e il cielo si rifece azzurro.