Colori
Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1941
Colombi e sparvieri
Grazia Deledda
pp. 205-206
Dopo quest'avventura io decisi di chiedere al vecchio la mano di Columba, e siccome egli teneva molto alle usanze del paese, una domenica mattina mio padre andò in casa dei nostri vicini e sedette davanti al focolare domandando: - Remundu Corbu, io ho perduta un'agnella che formava l'onore del mio gregge. Era bianca, coi peli arricciati, morbida come la prima neve. Tu che giri per le campagne l'hai vista, per caso? per caso non s'è mischiata al tuo gregge?.
- Remundu Nieddu, nel mio gregge ci son tante agnelle, una più bella dell'altra: può darsi che la tua ci sia; bisognerebbe andare a vedere.
E così di seguito finché entrò Columba. Allora mio padre balzò in piedi e batté le mani.
- È proprio questa l'agnella che cercavo.
p. 207
Giaceva disteso per terra su stuoie e sacchi, col viso violetto rivolto alla porta; e la matrigna coi capelli sciolti coperti di cenere, in mezzo a un cerchio nero di donne fra cui Banna, Columba e tutte le vicine di casa pallide e macabre come streghe, ululava intorno al cadavere, si batteva la testa alle pareti, si buttava per terra e urlava come un'ossessa.
p. 208
La prima a tacere fu Columba: a poco a poco anche le altre tacquero; alcune si alzarono e la nera ghirlanda fu scomposta.
p. 208
Sembrava un Dio corrucciato: i suoi occhi verdognoli scintillavano feroci.
p. 208
Avrei voluto cacciarle fuori ma non osavo perché la presenza del cadavere con quel viso violetto che pareva sogghignasse di dolore e di beffe mi imponeva rispetto.