Colori
Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1945
Cenere
Grazia Deledda
p. 201
Zia Grathia apparve subito sulla porticina, con un lume in mano: era più cadaverica del solito, con gli occhietti rossi affondati in un gran cerchio livido.
p. 203
Una benda coperta di macchie già secche di sangue nerastro fasciava il collo, passava sotto il mento e sulle orecchie e si annodava tra i folti capelli neri della morta; in questo cerchio tragico il viso di lei si disegnava grigiastro, con la bocca ancora contorta per lo spasimo: attraverso le grandi palpebre socchiuse si scorgeva la linea vitrea degli occhi.
p. 204
- Era giovane ancora! - disse Anania, calmandosi alquanto e fissando i capelli neri della morta. - No, non ho paura, zia Grathia, aspettate, restate un momento. Quanti anni aveva? Trentotto? Ditemi, - chiese poi, - a che ora è morta? Come ha fatto? Raccontatemi tutto. È stato qui il pretore?- Andiamo; ti dirò tutto, vieni, - ripeteva zia Grathia, dirigendosi verso l'uscio.
Ma egli non si mosse: guardava sempre i capelli della morta, meravigliandosi che fossero così neri ed abbondanti, ed avrebbe voluto ricoprirli col lenzuolo, ma provava una strana paura ad avvicinarsi nuovamente al cadavere.
p. 206
La vedova riprese il lume, riaperse l'uscio, lasciò passare Anania, e attese: così triste e nera, con quell'antica lucerna di ferro in mano, ella pareva la figura della Morte in attesa vigilante.
p. 206
Anania palpò a lungo, con tutte e due le mani, quella cenere nera che forse era l'avanzo di qualche ricordo d'amore di sua madre; quella cenere che aveva posato lungamente sul suo petto, sentendone i palpiti più profondi.