Colori
Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1945
Cenere
Grazia Deledda
p. 188
Ma nello sfondo della sua immaginazione nereggiava sempre la cucina della vedova, col cappotto nero e vuoto come un simbolo, con la figura di Olì dai grandi occhi di gatto selvatico.
p. 200
Arrivò a Fonni ch'era già notte. La luna nuova cadeva sul cielo lucido frastagliato dal profilo nero dei tetti di scheggia; l'aria era freschissima, profumata; si udivano distintamente i tintinnii delle capre ritornanti dal pascolo, il passo dei cavalli, i latrati dei cani; ed Anania pensò a Zuanne e ricordò l'infanzia lontana come non l'aveva ricordata durante la sua prima gita a Fonni.
p. 200
Passando sotto un albero egli fermò il cavallo per contemplare uno squarcio di paesaggio che sembrava un quadro simbolico: le montagne s'eran fatte violette; una lunga nuvola dello stesso colore oscurava l'orizzonte in alto: fra la nuvola e le montagne il cielo d'oro e un grande sole cremisi senza raggi.
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Seduto accanto al focolare vide un paesano che pareva un sacerdote egizio pallido, con una lunga barba nerissima quadrata, e due occhi neri rotondi spalancati. Lo strano tipo, che teneva fra le mani un grosso rosario nero, guardò ferocemente Anania, e il giovine se ne accorse e cominciò a sentire una misteriosa inquietudine.
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- A che ora è morta? - chiese Anania, rivolgendosi anch'egli al paesano, i cui occhi neri rotondi come due buchi lo suggestionavano stranamente.