Colori
Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1945
Cenere
Grazia Deledda
p. 78
Dormiva sempre. Ed anche nei meriggi silenziosi, nonostante il grido continuo di Rebecca, egli finiva con l'addormentarsi, col fior di sambuco nella manina rossa, e il naso coperto di mosche.
p. 79
Addio, addio, orti guardanti la valle; addio scroscio lontano del torrente che annunzia il tornar dell'inverno; addio canto del cuculo che annunzia il tornar della primavera; addio grigio e selvaggio Orthobene dagli elci disegnati sulle nuvole come capelli ribelli d'un gigante dormente; addio rosee e cerule montagne lontane; addio focolare tranquillo e ospitale, cameretta odorosa di miele, di frutta e di sogni!
p. 79
Nei crepuscoli verdognoli, rischiarati da nuvole rosse che serpeggiavano, svanivano e ricomparivano continuamente sul cielo glauco, Anania sentiva negli orti il crepitìo e l'odore delle erbe secche bruciate dagli agricoltori, e gli sembrava che qualche cosa dell'anima sua svanisse col fumo di quei fuochi melanconici.
p. 79
Nei crepuscoli verdognoli, rischiarati da nuvole rosse che serpeggiavano, svanivano e ricomparivano continuamente sul cielo glauco, Anania sentiva negli orti il crepitìo e l'odore delle erbe secche bruciate dagli agricoltori, e gli sembrava che qualche cosa dell'anima sua svanisse col fumo di quei fuochi melanconici.
p. 79
L'autunno incipiente velava il cielo d'infinita dolcezza; l'orizzonte si copriva d'un vapore latteo e roseo, che pareva velasse ma lasciasse intravedere un mondo di sogni ineffabili.