Colori
Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1945
Cenere
Grazia Deledda
p. 62
In primavera il sambuco fioriva nel cortiletto, le mosche e le api ronzavano nell'aria luminosa; nelle strade e nelle case si delineavano sempre le stesse figure; zio Barchitta il pazzo, con gli occhi azzurri fissi e la barba ed i capelli lunghi, simile ad un vecchio Gesù mendicante, continuava nelle sue innocue stravaganze [...] i bambini laceri giocavano coi cani, i gatti, le galline, i porcetti, le donnicciole si bisticciavano, i giovanotti cantavano cori melanconici nelle notti serene illuminate dalla luna, il lamento di Rebecca vibrava nell'aria simile al canto del cuculo nella tristezza d'un paesaggio desolato.
p. 66
Un giorno, mentre Anania studiava la grammatica greca, passeggiando in un piccolo viale solcato tra il verde cinereo d'una distesa di cardi, udì picchiare al cancello.
p. 66
Anania la vide un giorno, e poi sempre, mentre si recava al ginnasio; ella abitava una casa nerastra, intorno alle cui finestre biancheggiava una striscia di calce che terminava in una croce.
p. 66
In estate rimaneva a testa nuda, coi capelli nerissimi rialzati un po' a ciuffo sulla breve fronte, e teneva un fazzolettino di seta grigia intorno al lungo collo.
p. 67
Faceva quasi caldo; nuvolette rosee correvano sul cielo latteo, perdendosi dietro i ceruli picchi dei monti d'Oliena; dalla vallata salivano, quasi da una immensa conchiglia colma di verde, profumi e suoni sfumati nell'aria calda.