Colori
Milano, Arnoldo Mondadori Editore
Canne al vento
Grazia Deledda
p. 524
- Zio Efix! - gridò il ragazzo, e riprese a suonare, parlando e ridendo nel medesimo tempo. - Ma non eravate morto? E chi diceva che eravate in America e diventato ricco, e che mandavate tanti denari alle vostre padrone. Adesso il guardiano qui, sono io: se voglio scacciarvi come un ladro posso farlo. Ma non lo faccio. Volete dell'uva? Prendetevela. Il mio padrone, don Predu, se ne infischia, di questo pezzo di terra: ne ha tanti altri, di poderi. Quello grande, di Badde Saliche, quello sì, ne dà prodotto. Le frutta di qui, il mio padrone le manda in regalo alle sue cugine, le vostre padrone: ma esse stanno sempre chiuse dentro come il riccio nella sua scorza. Oh, zio Efix, vi devo dire una cosa: l'altra notte - di notte sto chiuso nella capanna, perché ho paura degli spiriti, e sempre sento nonna raspare alla porta - l'altra notte che spavento! Ho sentito una cosa molle agitarsi intorno ai miei piedi. Ho gridato, ho sudato: ma poi all'alba mi accorsi che era una lepre ferita: sì, presa al laccio era riuscita a scappare e stava lì con la zampetta rotta e mi guardava con due occhi da cristiana. Gliel'ho fasciata, la zampetta; ma poi ha avuto la febbre; scottava fra le mie mani come un gomitolo di fuoco; e s'è fatta nera nera ed è morta.
p. 524
Egli non era commosso, ma quel lamento dolce, velato, che pareva salire dalla quiete dell'acqua verdastra, lo attirava come un richiamo.
p. 526
Credo che abbiano litigato perché venne fuori con gli occhi rossi, come avesse pianto; Grixenda lo guardava e rideva, ma stringeva i denti.
p. 527
L'alba è quasi fredda e le colline bianche sembrano coperte di neve.
p. 527
I monticelli sopra i paesetti sparsi per la pianura, dopo il Castello, fumano come carbonaie coperte: e tutto è silenzio e morto nel mattino roseo.