Lingua
Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1941
Colombi e sparvieri
Grazia Deledda
p. 261
Non essendo riuscito ad avere il sonette Pretu si contentava di certi minuscoli pifferi fatti da lui con grossi steli d'avena. Seduto sul ciglione sopra il quale s'apriva la porticina di Jorgj, egli suonava il motivo del ballo sardo o dei Gosos di San Francesco e il ronzìo della sua leoneadda si confondeva con quello dei mosconi.
p. 262
Ma la voce cadenzata del mendicante risuonava nel silenzio del ciglione; pareva che le sue parole lente, staccate, cadessero sull'erba, mentre la vocina sonora di Pretu saliva e si sperdeva nell'aria serena.
- In nomen de su Babbu, de su Izu, de s'Ispiridu Santu, faghide sa caridade a custu poberu ezzu istorpiadu...
p. 282
Ed ecco i tre se ne andarono tranquilli e in apparenza felici, i due uomini precedendo, la fidanzata seguendoli, mentre la voce dell'usciere gridava:
- Ohé, feminas, avanti...», - e le donne spingevano verso la sala delle udienze l'imponente vedova col rotolo in mano..
p. 286
Il nonno era partito, le donne s'erano ritirate, in lontananza s'udivano i canti e le grida degli ubbriachi che avevan festeggiato la Pasqua bevendo come otri: coppie di amici (in quel giorno tutti erano amici e compari) passavano ancora nella straducola, sostenendosi a vicenda, chiamandosi scambievolmente frate meu e accomodandosi sul capo la berretta che non voleva star ferma.
p. 288
Le tancas le vacche, gli alveari, le case, tutto era senza valore; tutto le appariva inutile poiché il disgraziato Jorgj piangeva e rideva leggendo le lettere di un'altra donna.