Lingua
Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1941
Colombi e sparvieri
Grazia Deledda
pp. 167-168
Fra poco viene il dottore. L'ho incontrato che trottava col suo bastone e lo batteva sulle pietre: sogghignava come un diavolo e mi domandò: «Non è ancora morto il tuo padrone? Ebbe', la visita del prete non lo ha ammazzato?». Io gli risposi: «Non so neppure se il prete sia venuto; spero di sì, perché volevo chiedergli un sonette». E lui disse sogghignando: «Ah, sì, un sonette? e perché non ti suoni la pelle della pancia, tanto è vuota?». E io replicai: «Se la suoni lei!»
p. 184
L'inimicizia nacque appunto tra due famiglie per un diritto di passaggio in una tanca.
p. 185
Egli sbuffava allora sollevandosi il tricorno sui capelli bianchissimi e si guardava attorno borbottando qualche parola in un dialetto che rassomigliava allo spagnuolo.
p. 189
Mi pareva di sognare, di assistere ad un banchetto come quello delle fiabe: c'era di tutto e il vino scorreva dalle botti come l'acqua dalle fontane; il latte si mischiava col miele, interi cinghiali, cataste di pernici, laccheddas di anguille passavano davanti al vescovo che beveva solo un po' d'acqua e masticava un cardo selvatico.
p. 190
Sapevo che mio padre doveva al contadino il fitto di una tanca; preso quindi da curiosità corsi giù per il viottolo, deposi i recipienti dell'acqua e corsi via.