Lingua
Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1945
Cenere
Grazia Deledda
p. 153
- Abbiamo concluso che bisogna aspettare. Il padrone mi disse: «Che il "fanciullo" pensi a studiare ed a farsi onore. Quando egli avrà un posto onorevole noi gli daremo la nostra figliuola: intanto si amino pure, e che Dio li benedica». Ecco, tu ora cenerai, spero!
- Ma, infine, posso presentarmi in casa loro come fidanzato?
- Per adesso no: per quest'anno no! Tu corri troppo, galanu meu! La gente direbbe che il signor Carboni è rimbambito, se permettesse una tal cosa: bisogna che tu prenda la laurea, prima...
p. 157
Finalmente la vedova, ch'era andata ad attingere acqua ad un pozzo vicino, rientrò, con un malune sul capo e la secchia in mano.
p. 158
- Bonas dies! - salutò la vedova, guardando meravigliata il bel giovine sconosciuto. E depose prima la secchia, poi il malune, lentamente, guardando sempre lo straniero.
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- Chiedetegli se egli ha ancora la rezetta che gli diedi il giorno che siamo fuggiti di qui; e pregatelo di farmela vedere. La vecchia promise, e Olì si alzò: tremava tutta, e sbadigliava tanto che le sue mascelle scricchiolavano. Tutta la notte vaneggiò, arsa dalla febbre; ogni tanto chiedeva la rezetta e si lamentava infantilmente perché zia Grathia, coricatale a fianco, non si alzava e non andava da Anania per chiedergliela.
p. 186
laquo;Io so che tu hai un sacchettino così e così: io so chi te lo ha dato; se tu oggi hai tante tancas e servi e buoi lo devi a quella povera anima che ora è ridotta a sette once di polvere. Addio, dammi un po' di pane col miele. E perdona alla povera anima.» «Servi, segnatevi, questa vecchia che indovina ogni cosa è Maria Santissima...» Ah, ah, ah, la rezetta, la voglio... Quel giovine non è... lui! La rezetta... la rezetta...