Lingua
Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1945
Cenere
Grazia Deledda
p. 123
- Io fidanzato?... - gridò Anania, - chi lo ha detto?
- Chi lo sa? E di una Margherita, anche, che questa volta, meno male, va gettata ante asinos.
p. 127
Questa Miss rassomiglia a te in modo straordinario; ti scongiuro però di non esser gelosa: [...] perché io sono sotto la salvaguardia di tutte le sante ed i santi del cielo appesi alle pareti della mia camera, nonché delle Anime Sante del Purgatorio illuminate giorno e notte da una mariposa.
p. 132
- Una volta - ricominciava zia Varvara, - io andai a cogliere spighe intorno ad un nuraghe; mi ricordo come fosse oggi. Avevo la febbre, e verso sera dovetti coricarmi fra le stoppie, aspettando che passasse qualche carro che mi conducesse in paese. Ed ecco cosa vedo. Il cielo, dietro il nuraghe, era tutto color di fuoco: pareva un drappo di scarlatto; ad un tratto un gigante sorse sul patiu e cominciò a cacciar fumo dalla bocca. In breve tutto il cielo si oscurò. Che paura, Nostra Signora mia del Buon Consiglio! Ma ad un tratto vidi San Giorgio con in testa la luna piena, ed in mano una leppa lucente come l'acqua. Tiffeti, taffati! - concluse la vecchia, roteando un coltello da cucina, - San Giorgio tagliò la testa al gigante, e il cielo ritornò sereno.
p. 134
- Ti ricordi, mamma, tu mi insegnavi la piccola poesia:
Luna luna
Porzedda luna
p. 149
Al di là del cortile, nella straducola, passava un piccolo mandriano a cavallo, cantando in dialetto:
Inoche mi fachet die
Cantende a parma dorata...