Lingua
Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1945
Cenere
Grazia Deledda
p. 5
- Eppoi so di tanti altri accusorgios, - egli disse con voce grave, mentre Olì coglieva finocchi selvatici; - io finirò bene col trovarne uno, ed allora...
- E allora? - chiese Olì, un po' beffarda, sollevando gli occhi che al riflesso del paesaggio parevano verdi.
p. 6
Ella recitava qualche strofa in dialetto logudorese, poi riprendeva: «Il fratello di mia madre, zio Merziòro Desogos, dipingeva nelle chiese e scolpiva i pulpiti: però si uccise perché aveva da scontare una condanna. Sì, i parenti di mia madre erano nobili ed istruiti: tuttavia ella non volle sposare il vecchio proprietario. Vide invece mio padre, che allora era bello come una bandiera, se ne innamorò e fuggi con lui. Ella soleva dire, mi ricordo: - Mio padre mi ha diseredata, ma non importa; gli altri si tengano le loro ricchezze, io mi tengo il mio Micheli e basta!».
p. 12
laquo;Anticamente gli uomini andavano alla guerra: ora non si fanno più guerre, ma gli uomini hanno ancora bisogno di combattere, e commettono le grassazioni, le rapine, le bardanas non per fare del male, ma per spiegare in qualche modo la loro forza e la loro abilità!»
p. 19
Zuanne era modesto; chiedeva soltanto:
Cuccu bellu agreste,
Narami itte ora est;
e l'uccello rispondeva con sette gridi, mentre invece potevano esser le dieci.
p. 19
Qualche volta il cuculo dava un numero ragionevole; e i due bimbi, nel silenzio immenso del luogo, interrotto solo dalla voce del melanconico oracolo, continuavano le domande non sempre allegre:
Cuccu bellu 'e sorre,
Cantos annos bi cheret a mi morrer?