Lingua
Cagliari, Centro di Studi Filologici Sardi / Cuec, 2007
La bella di Cabras
Enrico Costa
p. 26
Dinanzi alla chiesa è un piazzale abbastanza vasto – limitato da parapetti per metà rovinati – dove notavasi un viavai di devote e di curiosi, nonché una mezza dozzina di venditori di cixiri e nuxedda turrada (ceci e nuciuole abbrustolite). Venditori di nuxedda turrada e di cixiri, d'arance e di limoni, di pistoccheddus e mustazzolus pur notavansi nella via prospiciente alla chiesa, nonché intorno al vasto campo che la fiancheggia dalla parte di mezzogiorno.
pp. 28-29
Dovrei qui spendere qualche parola sulle launeddas, sul canto e ballo sardo, e sulla corsa dei barberi, ma lo credo inutile, poiché in proposito si è detto e scritto un mondo di roba. Secondo il Bresciani tutto in Sardegna risale all'Oriente. Nel ballo sardo egli riscontra i balli pirrici della Troade, dei Cureti in Creta, dei Coribanti in Frigia, dei Dàttili in Bitinia, dei Salii nel Lazio; balli che si facevano a suon di crotali, di sistri e di tibie, le quali non sarebbero altro che le sarde launeddas a tre calami. Parlando di certi balli sardi, veduti a Pirri ed a Quarto, il Bresciani dice di avervi notato “...il corrotto delle feste adonie con tutto lo smaniare delle donne di Biblo e di Berito sopra il giovane Adone ucciso dal cignale, e poi ricondotto a vita pel grazioso dono di Proserpina...” E scusate se è poco! Lo stesso scrittore trova orientali i giuochi pubblici e segnatamente le corse dei cavalli, la foggia dei freni, il montare in sella e il gettarsi indietro correndo. Corbetta invece scrive che quello dei sardi “è un correre veramente barbaro, proprio dei veri selvaggi delle lande e pampas dell'America del Sud...”. Sono asiatici, o sono americani i nostri fantini? Il Bresciani ama tanto le voci del canto sardo, nelle quali ei trova “una certa grazia che appaga l'udito e lo accarezza dolcemente con tale non so che di soave mestizia, la quale è creata da un tremolio che fan le voci...”. Il Corbetta invece non può soffrire la musica delle launeddas, la quale (dice lui) “è piuttosto barbara che primitiva: un'armonia che non è armonia, tutt'altro che dolce; eppure i sardi ne vanno pazzi...” Sempre d'accordo gli scrittori di cose sarde”.
p. 37
i>La mobilia, (portai s'azzivimentu) come vuole l'usanza.
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Le pareti della sala sono adornate di crobis e canistreddas (cesti, canestri e stacci di giunco).
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Lle altre due tavole, dette meseddas, servono per diversi usi.