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Religiosità

Roma, Tip. G. Ciotola

L'eremita di Ripaglia ossia l'antipapa Amedeo VIII di Savoia

Stefano Sampol Gandolfo

pp. 223-224
Sul principiare del secolo duodecimo un avido stuolo di corsari saraceni aveva piantato il suo nido nelle isole Baleari; e di là, come è noto, colle sue agili ed ardite navi, infestava il Mediterraneo, assaltando e predando le navi che vi veleggiavano, e saccheggiando tutti i paesi della costa d’Italia e della Francia.
[…] Il santo pontefice Pasquale II, commosso dalle sciagure di tanti infelici, infiammò i popoli cristiani a combattere contro quelle orde spietate di manigoldi; rivolgendosi più specialmente ai Pisani, siccome quelli che sapeva più degli altri forti di navi. […] E i desideri del Papa furono secondati.
Le repubbliche toscane, i signori feudali delle coste di Provenza, di Linguadoca e di Catalogna, insieme ad altri delle coste italiane risposero all’appello della Repubblica Pisana, e chi non poteva soccorrerla di navi, la soccorse di cavalieri, di fanti e di danaro.
Spuntava il giorno 6 agosto del 1114, quando la flotta pisana, comandata dallo stesso Arcivescovo Pietro Moriconi in paludamenti prelatizii salpava dal porto di Pisa alla volta delle Isole Baleari. Erano da 300 navi, sulle quali stavano imbarcati 900 cavalli, 40 mila fanti, e il fiore di tutta la gioventù Pisana.
La fortuna non si volse però immediatamente propizia agli animosi Pisani. Ché prima il vento contrario li costrinse a riparare nel porto di Vado, e poi ebbero la infausta notizia che i Lucchesi loro antichi e fierissimi nemici, si disponevano a profittare appunto di quella circostanza, per cui Pisa era rimasta sguernita affatto di difensori, per muoverle guerra e per tentarne l’assalto.
E già in quel terribile frangente le navi pisane stavano per ripiegare la prora, onde volare in soccorso della patria in pericolo, quando ad un ardito giovane nocchiero della mesta spedizione balenò alla mente un saggissimo pensiero. La saggia idea di mandar subito ambasciatori a Firenze, stata sino allora amica di Pisa, onde essa volesse assumersi il nobile e generoso incarico di proteggere e di difendere all’uopo la città sorella da qualunque vigliacco attentato de’ suoi nemici durante la santa guerra delle Baleari.
[…] I Fiorentini, non solamente accettarono favorevolmente la nobile missione, ma spedirono immediatamente buon nerbo di milizie a piedi ed a cavallo a guardare la minacciata città sorella. Anzi, siccome a que’ tempi, che molti chiamano barbari, si usava tra gli amici, ed anche tra i nemici, di una lealtà, che in questi tempi nostri detti civili raramente si trova, i Fiorentini, a togliere ogni sospetto di ambiziose mire sopra Pisa, pretesero si convenisse che il loro esercito sarebbesi accampato a due miglia lontano dalla città, e che nessuno avrebbe osato di entrare in essa sotto pena della testa.
Assicurati così schiettamente da qualunque timore, proseguirono i Pisani nella loro impresa, sempre però contrariati dai venti tanto ostinatamente che furono costretti a passare l’intera stagione invernale nel porto di Barcellona.
Ma venne finalmente la primavera; […] le navi, issata la bandiera della Madonna, corsero ad Ivica, una delle cinque isole Baleari, che era difesa da una fortissima rocca. Vi giunsero di notte e di nottetempo l’assaltarono. I Saraceni, sebbene sgomentati, opposero una vivissima resistenza scagliando pietre e dardi infuocati di nuovo genere. Ma i Pisani non indietreggiarono, rinnovarono più gagliardo l’assalto e li costrinsero a capitolare.

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p. 236
Gli è raro che un Papa venga coronato dal Concilio, che lo ha proclamato. Non si cita che un papa Alessandro, coronato a Pisa, che un papa Martino, coronato a Costanza, e questo papa Felice V, di cui parliamo, incoronato a Basilea.
Era il 5 novembre 1439 e qui davanti la Cattedrale, e precisamente là, in mezzo alla piazza fu rizzato un palco con sopra un altare riparato da preziosissimi drappi.
Il Papa vi salì accompagnato da circa duemila tra chierici e tra nobili, dai suoi figliuoli il conte Luigi e il conte Filippo di Ginevra, ai quali facevano corteggio un marchese di Saluzzo e molti altri baroni della patria del Papa, nobili di Germania, tra i quali il marchese di Retelen, il Conte Corrado di Vinsberg, vecchio ciambellano dell’impero; il conte di Therstein, i nobili deputati di Strasburgo, di Berna, di Soletta, di Friburgo.

italia ed europa, religiosità, storia

pp. 237-238
In mezzo all’aspettazione generale, ecco finalmente arrivare Papa Felice, un vecchio di bello aspetto, di grave incedere, di bianchi capelli, di statura ordinaria, insieme ai figliuoli, ma dalla pelle candida, dalla candida barba e dal favellare laconico.
[…] I prelati con la mitria in capo, e tutto il clero della città e dei circonvicini paesi in solenni paludamenti sacerdotali, salirono il palco, portando croci e reliquie.
Celebrò la messa solenne lo stesso Papa.
[…] Dopo la messa e la consacrazione del novello Papa, fu recato il prezioso triregno; il cardinale si Santa Sabina lo pose in capo a Felice, che bandì l’indulgenza plenaria, e la folla proruppe in acclamazioni prolungate di ‒ Viva il Papa! Viva Felice V!

colori, religiosità

pp. 238-239
Finite le cerimonie, scese ognuno dal palco per montare a cavallo, e la processione s’incamminò nuovamente verso la città coll’ordine seguente: laici e valletti, scudieri e baroni, il Papa circondato dai suoi consiglieri, ciascuno sontuosamente abbigliato, quale di porpora e d’oro, quale alla militare con gemme ed auree catene al petto.
[…] Teneva dietro il clero della città e campagna con reliquie; quindi i Romiti di Ripaglia, detti anche Cavalieri di San Maurizio, tutti vecchioni e antichi compagni di Felice nel mondo, e che ora lo accompagnavano pontefice, ammantati nella bianca tunica del loro Ordine.
Il Papa, che si avanzava lentamente sotto un baldacchino d’oro, benediceva gravemente e commosso il popolo genuflesso. Retelen e Vinsberg tenevagli la briglia della mula bianca; giunti al ghetto degli ebrei, i rabini gli si fecero innanzi presentandogli i libri della legge, che ricevette con rispetto; ed entrata finalmente la processione nella chiesa dei Domenicani, s’intonò il Te Deum.
[…] Ma chi era questo Felice V, si può sapere?
[…] Era nientemeno che il Duca Amedeo VIII di Savoia!

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pp. 240-243
Il 3 marzo del 1431 Gabriele Condulmero, veneto, di anni 46, cardinale prete del titolo di S. Clemente, e nipote a Gregorio XII, era proclamato Pontefice. Col nome di Eugenio IV, fu esso uno dei più insigni Papi.
[…] Il suo Pontificato non fu però tranquillo, e le maggiori tribolazioni, più che dai principi secolari del suo tempo, esso le ricevette dai Vescovi di quel detestabile sinedrio, che fu il Concilio di Basilea, antica e nobile città dell’Elvezia. Quel Concilio era stato convocato dal suo illustre predecessore Papa Martino V; ma Eugenio IV, che lo aveva confermato, e fatto aprire nel primo anno del suo Pontificato, non tardò ad accorgersi che i pochi vescovi intervenutivi tendevano ad un malaugurato incominciamento di gravissime discordie.
[…] Invano i Legati Pontificii, ammoniti dal Pontefice, alzarono la voce e usarono di tutta la loro autorità per protestare contro atti e intenzioni di così aperta ribellione. Quei pochi vescovi e quei pochi dottori ruppero finalmente in aperta guerra, ed erigendosi a potere supremo, indipendente e assoluto della S. Sede, si dichiararono pubblicamente contrari a qualunque riconciliazione.
Fu allora che il Pontefice Eugenio IV, usando della pienezza dei suoi poteri, con due distinte Costituzioni, prima annullò tutti gli atti di quella arrogante assemblea, quindi richiamato a Roma il Cardinale Cesarini, suo legato e presidente del Concilio, dichiarò incorsi nelle più gravi censure della Chiesa tutti coloro, che in qualunque modo avessero continuato a radunarsi e si fossero ostinati a disubbidirgli.
Le proteste del Santo Pontefice furono villanamente derise, e i suoi decreti dichiarati di nessun effetto, e i Padri di Basilea continuarono a radunarsi in Concilio, sotto la presidenza del più accanito nemico del Papa, il Cardinale Ludovico Alleman, arcivescovo di Arles.
[…] Il Concilio di Basilea, ridotto a una ventina di membri, tra i quali nove soltanto vescovi, e tutti nemici del Pontefice, e sudditi del Duca di Savoia, ebbe la tracotanza di riunirsi nuovamente per citare il Santo Padre a comparire alla sua presenza, per dichiararlo contumace, quindi deposto, e per decretare in ultimo la elezione di un novello Papa.
Sciagurata elezione; che fu compiuta di fatti colla proclamazione a Papa, ossia antipapa, dell’Eremita di Ripaglia, del Duca Amedeo VIII di Savoia.

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