Costumi
Milano, Mondadori, 1972
Paese d'ombre
Giuseppe Dessì
p. 95
Il signor Manno, senza perder la calma, continuava a centellinare il bicchiere di vecchia malvasia che si era versato da una bottiglia appena aperta, guardava controluce il colore ambrato del vino e Antioco, seduto accanto alla bionda Olivia, si arricciava i baffetti con la mano bianca e delicata.
p. 95
Il signor Manno, senza perder la calma, continuava a centellinare il bicchiere di vecchia malvasia che si era versato da una bottiglia appena aperta, guardava controluce il colore ambrato del vino e Antioco, seduto accanto alla bionda Olivia, si arricciava i baffetti con la mano bianca e delicata.
p. 99
laquo;Ora, mammài, se tu sei contenta puoi fare la domanda al padre. Questo tocca a te, se sei contenta, se la ragazza ti piace.».
p. 99
Madre e figlio non avevano l’abitudine di baciarsi e, come in genere la gente di campagna, non sentivano il bisogno di manifestazioni esteriori di affetto.
pp. 100-101
I loro giochi si svolgevano secondo un rigoroso ciclo che coincideva con quello delle stagioni: d’estate si faceva il gioco della campana, quello dell’orologio in primavera, in autunno si svolgevano le lunghe e complesse gare di trottola, veri e propri tornei, con gironi distinti a seconda della grandezza del tipo delle trottole e anche della qualità del legno con cui erano state costruite. Autunnale era anche il gioco delle biglie di ferro, di terracotta o di vetro, le più pregiate queste, ottenute schiacciando con un grosso sasso le robuste bottiglie di gazosa, unica bibita non alcolica in vendita nelle affumicate bettole di Norbio; e così anche il gioco dei bottini, che consisteva nel fare arrivare con il minor numero possibile di colpi di pollice entro una piccola buca, un bottone d’osso o di metallo. Nelle giornate piovose i ragazzi giocavano a carte nella loggetta dell’Oratorio delle Anime o sotto il porticato del Monte granatico, oppure a testa e croce lanciando per aria o contro un muro piccole monete di rame da reale, da un soldo o da mezza pezza. A Norbio non circolava altra moneta, eppure ogni ragazzino aveva in tasca qualche spicciolo per giocare a testa o croce, come le vecchiette avevano quelli occorrenti per comprare le poche once di caffè o di tabacco da fiuto dei loro ultimi anni. Ragazzini e vecchiette andavano nei boschi a raccoglier legna da ardere e la vendevano a una lira il fascio e poi spicciolavano la lira e la giocavano o si compravano il caffè e il tabacco. Vi erano poi altri giochi che sfuggivano alla norma delle stagioni come il gioco della guerra che li portava lontano da piazza Cadoni, lungo il tetto sassoso della Fluminera, per i vicoli angusti del paese, per lo stradone polveroso di Acquapiana, per le circostanti campagne, nei prati o nei boschi. Ma di sera, quando i passeri si riunivano sui grandi cipressi che fiancheggiavano l’Oratorio delle Anime, allo stridìo assordante, come un misterioso segnale, da tutte le direzioni i ragazzi riaffluivano nella piazza. Quelle grida acute di ragazzi e quelle strida di passeri erano il primo segno della notte, a cui seguivano dal campanile della chiesa di Santa Barbara i rintocchi dell’Ave Maria.