Costumi
Milano, Mondadori, 1972
Paese d'ombre
Giuseppe Dessì
p. 72
La gente, memore dei disastri delle inondazioni precedenti, si radunava in piazza Frontera: le donne, scalze, con le sottane rimboccate come quando andavano al fiume a lavare i panni, gli uomini, a cavallo, avvolti negli ampi mantelli di orbace nero con il cappuccio a punta calato sugli occhi.
p. 83
Questi erano impianti primitivi, in cui il frantoio era mosso da un cavallo bendato che girava in tondo azionando le pesanti ruote di granito nella tramoggia, e le presse erano semplici presse a vite continua azionate a braccia. Di solito la squadra completa di ogni mulino era di quattro uomini per le presse e uno che mescolava la pasta nella tramoggia, badava ai fuochi, spillava l’olio con la sessola dalle vaschette, riempiva i fiscoli di giunco quando la pasta era pronta e li sistemava a pila sul piatto rotonde delle presse. Un lavoro duro e faticoso per cui le squadre si alternavano con molta frequenza, e ogni squadra non faceva, di solito, più di quattro macinate al giorno. E bisognava dare il cambio anche al cavallo. Agli uomini si aggiungevano quasi sempre due o tre donne, che portavano acqua dalla fontana pubblica o l’attingevano dal pozzo e sbrigavano altri servizi più leggeri. Nel frantoio del signor Manno invece le cose si svolgevano in tutt’altro modo, da quando aveva adottato la macchina a vapore che metteva in azione sia il frantoio che le presse idrauliche.
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Sapeva che quegli uomini ce l’avevano messa tutta per fargli far bella figura, perché gli volevano bene, perché erano stati compagni di lavoro di suo padre e aveva ballato il ballo tondo con sua madre sul sagrato della chiesa.
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Rari uomini insaccati nelle mastruche nere dal pelo lungo, il fucile a tracolla e il bacolo in mano, seguivano il gregge o sedevano poco discosti. Si udì a un tratto, confusa al rotolìo delle ruote, la voce di un pifferetto di canna, e Angelo individuò l’uomo che lo suonava accanto a una sorgente che appariva dall’alto come una macchia scura.
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Rari uomini insaccati nelle mastruche nere dal pelo lungo, il fucile a tracolla e il bacolo in mano, seguivano il gregge o sedevano poco discosti. Si udì a un tratto, confusa al rotolìo delle ruote, la voce di un pifferetto di canna, e Angelo individuò l’uomo che lo suonava accanto a una sorgente che appariva dall’alto come una macchia scura.