Costumi
Milano, Mondadori, 1972
Paese d'ombre
Giuseppe Desś
p. 61
D’improvviso, e per la prima volta da quando era entrata in quella casa con il carro della roba, si ricordò di Don Francesco Fulgheri e lo rivide seduto a quella tavola quando, nel sogno, mangiava la minestra di formaggio e finocchi, la sera della morte.
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Poi si mise a tracolla una sacca di tela piena di grano e camminando a lunghi passi regolari cominciò a spargerne il contenuto con un largo gesto rotatorio del braccio. Aveva deciso di seminare al modo antico, con la testardaggine proterva dei contadini di Norbio, contro la quale Don Francesco Fulgheri si era battuto invano per tanti anni.
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Ogni tanto passava qualcuno sullo stradone e si fermava un attimo a dare un’occhiata, salutando al modo paesano, con una domanda inutile: «State arando, zio Raimondo? Arate, arate, e che Dio vi accompagni!».
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Forse si vergognava di lasciare che il grano venisse seminato al modo antico, di contravvenire anche in questo ai consigli di Don Francesco, il quale gli aveva spiegato tante volte come la terra vada preparata prima della semina.
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Ogni tanto passava qualcuno sullo stradone e si fermava un attimo a dare un’occhiata, salutando al modo paesano, con una domanda inutile: «State arando, zio Raimondo? Arate, arate, e che Dio vi accompagni!».