Costumi
Milano, Mondadori, 1972
Paese d'ombre
Giuseppe Dessì
p. 35
Lei mise la candela in mezzo alla tavola su di una pentola rovesciata, scodellò la minestra e tutti e due, dopo essersi segnati, si sedettero a mangiare la zuppa di formaggio e finocchi.
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Ora giaceva sui ciottoli del torrente secco, tra i cespugli di oleandro coperti di polvere; e si ricordò di un’altra credenza di Norbio, secondo la quale quando uno muore, gli spiriti entrano nella casa del morto e dei suoi parenti ed amici per raccogliere e portar via i brandelli della sua anima che, come bioccoli di lana, sono rimasti impigliati agli oggetti o tra i capelli delle donne.
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Poi si afflosciava sulla sedia; mani invisibili lo sorreggevano, lo portavano via, fuori dalla cucina, disteso con i piedi in avanti, come si portano i morti.
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La cassa fu portata a spalle, secondo l’uso, e nelle soste veniva posata su di un traballante tavolino e irrorata di acqua benedetta dal canonico Masala, che si era rassegnato ad accogliere il corpo del “grande peccatore” nel sacro recinto.
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Si levò la mantiglia di seta nera e andò a riporla, si avvolse la testa con un fazzoletto giallo dei giorni di lavoro e andò a prendere in granaio un mezzo sacco di grano; lavò il grano accuratamente e lo mise ad asciugare in due grandi canestri, in cortile, davanti alla porta della cucina.