Costumi
Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1941
Elias Portolu
Grazia Deledda
p. 56
Nell'accampamento le donne chiacchieravano, prendendo il caffè e rimettendosi in ordine per la partenza: gli uomini cantavano o tiravano al bersaglio.
p. 65
Subito dopo colazione si cominciò la tosatura; le pecore venivano prese, legate, stese sull'erba, senza che esse opponessero la minima resistenza; e Mattia ed Elias le tosavano destramente con grosse forbici a molla. La lana intricata e sporca si ammucchiava qua e là per terra, e le pecore, liberate dal laccio, tornavano al pascolo rimpicciolite, tranquille.
p. 66
Intanto il carro s'allontanava, e le macchie sanguinanti dei corsetti delle donne, e la figura bianca e nera di Pietro sparivano laggiù, nel verde sfondo della tanca, nelle rosee lontananze del tramonto.
p. 74
- Sta a vedere che Elias s'ammala. Ah, no. San Francesco mio, pigliatevi me, ma lasciate vivi e forti i miei figliuoli! I miei figliuolini! i miei colombi! Gli uccellini miei! Ah, che essi siano felici, e che zio Portolu muoia pure disperato. Elias, Elias, perché non ti curi? Che farò io senza di te? Farò venire tua madre, ti farò tornare con essa in paese; ed essa ti metterà a letto e ti farà le medicine con le erbe, col sale, con le sante medaglie, come essa le sa fare.
pp. 78-79
Pietro era felice; aveva il volto raso, gli occhi lucenti, le labbra rosse; e nella sua veste da sposo, col candido colletto della camicia trapuntato e con le punte rivoltate sul corpetto di velluto turchino, sembrava quasi bello.