Lingua
Lanusei, Tipografia Sociale, 1885
Ritedda di Baricau
Marcello Cossu
p. 123
Ai primi raggi del mattino un uomo ed un donna, passando poco discosti dalla cima del colle di Barigau, videro una sembianza che Ossian avrebbe rassomigliato a tenue forma di nebbia, seduta sopra un macigno, a capo chino, colle braccia incrocicchiate sul petto.
Cagliari, Tipografia del Corriere di Sardegna, 1875
Violetta del Goceano. Romanzo contemporaneo
Marcello Cossu
p. 5
Scrivo per me, cacciandomi la noia. Di questa vita grulla e inconcludente, Torpido per natura e impaziente D'ogni pastoja. Giusti.
p. 5
Aveva avuto negli esami finali di quell'anno una forte sconfitta sul greco e sul latino – che io cordialmente confinerei dalle nostre scuole agli antipodi - e per trovarmi alla meglio parato al nuovo assalto nelle rinnovazioni, mi era stato giocoforza rimanere in Sassari a tisichire sui libri, per tutto il lasso delle vacanze autunnali.
pp. 6-7
E il mattino del dì prefisso, levatomi per tempissimo mi abbigliai alla cacciatora; tolsi meco tutto l'occorrente per la caccia: alcun poco di biancheria che misi provvisoriamente nel carniero, qualche libro dilettevole, il mio fucile a due canne << vero rubans >> e il mio Moltke, cane di razza puenter, puro sangue. Noi Sardi, andiamo matti per la caccia, tanto più ci si addice, chè la natura volle esserci prodiga di selvaggina. Su pei nostri monti dirupati, che si estendono in pittoresche giogaie per tutti i versi dell'isola, formando profonde valli, rivestite perennemente di verdeggianti foreste, scorrono a branchi numerosi cervi, daini, cinghiali e mufloni. Fra le nostre boscaglie vivono in coppia volpi e scoiattoli, dalle nostre pelli ricercatissime di velluto; fra i cespuglietti, timidi leprotti e quaglie, voli frequenti di pernici e d'uccellame, che il sardo sa ben cacciare e apprestarne una succulenta imbandigione. Tuba sulle apriche colline il palombo e la tortorella – Starnazza nelle pingui paludi l'anitra e l'oca, e vi si ascolta, nelle ore solitarie di notte, il grido angoscioso del butor.
p. 7
L'Omnibus che doveva condurmi alla volta dell'amico non partiva che circa le sette, ed io, varcando la soglia di casa aveva contato solo le ore sei che scoccavano all'Orologio di Città.