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Storia

Roma, Maglione e Strini, 1923

La razza. Frammento di recentissima storia

Romolo Riccardo Lecis

pp. 100-103
Scendevano allora in punto per la strada deserta due sacerdoti, e appariva sul loro volto quel bagliore di luce ideale che viene dalla rinunzia ad ogni bene mondano, dalla preghiera e dalla contemplazione, e appartiene talvolta più alla vita del di là che a questa. E seguiva in landò scoperto un porporato con in mano un piccolo libro schiuso dinanzi, concentrato in meditazione. […] Ersini guardò ammirato, quasi notasse la verità per la prima volta, l’aspetto di quei sacerdoti dai quali partiva un raggio di benessere spirituale che gli toccava e gli apriva il cuore. Ersini non apparteneva alla categoria dei signori che professano per culto il disprezzo della sottana nera, dei sacri arredi e della chiesa. Per culto egli aveva altro: il rispetto a tutto ciò che è rispettabile; e la grandezza del magistero spirituale gli appariva troppo chiara e troppo alta per tentare il sorriso, spesso incosciente del dileggio. Conseguentemente a chi fosse strumento operoso delle mille idee trionfatrici di bene che s’imperniano nel cardine di una religione, tributava onore.
Tale era la sua coscienza. Cristiana? Lo crediamo. – E quello storico asserto di G. Washington, secondo il quale "l’esperienza e la ragione insegnerebbero non potere la moralità di un popolo mantenersi senza il principio religioso" non gli era, d’altro canto, ignoto; era bensì anche suo.
Ed ecco perchè non avrebbe egli compreso che altri gli avesse chiesto di portare altrove la concezione del divenire del gran progresso umano. Parallelamente alle altre conquiste formidabili della civiltà, Ersini non vedeva camminare una conquista ben importante: il sicuro progredire morale dell’uomo; ed era ciò, nel suo ardore civile, l’assillo tormentoso; era ben quella per lui la gran carie del mondo; era ben là che egli avvertiva l’inganno di una civiltà non compiuta che trascura lo spirito pur di servire attivamente alla materia. E, in verità, non si avrebbe qui un inganno quasi mostruoso, se propagato coscientemente?
Ora, se questa è una parentisi, chiudiamola: soggiungendo tuttavia che nella fatale sera del 4 maggio l’incontro dei sacerdoti ebbe il potere di richiamare Marco Ersini a quell’equilibrio stabile di pensiero che gli era necessario e che gli era venuto meno. Egli cadde – parrà strano a taluno che non sappia il candore delle anime credenti – nella più francescana meditazione sull’assoluto del dovere. Epperò noi ci accorgiamo di chiudere quella che potendo parere una parentisi è invece nesso logico utilissimo e imprescindibile. La rigidità inflessibile del dovere posta a norma di un’operante vita di sacerdozio fu per tutta un’ora l’addentellato solido dei pensieri di Ersini. Non già che vi fosse – e sia detto per chiarezza – in colui che aveva alta coscienza civile un dissidio interiore o una lotta latente nel dibattito al quale arrivava. Ma nondimeno quella norma nell’assoluto lo dominava – abbracciata com’era da quegli spiriti semplici con una dedizione veramente sublime. Ma sopra ogni cosa quell’esempio lampante di ardore racchiuso per la bellezza non terrena di un sogno di apostolato ch’era fatto di sagrificio lo soggiogava. Dall’attrazione esercitata da quelle anime sull’anima sua, si originava in Ersini questa segreta, sincera voce d’invidia: "Veramente beati se, come infatti credo, anche la profonda sofferenza è per loro fonte di più profonda gioia; se vita per loro vuol dire continuo amore e vuol dire sagrificio; se trapassare per loro è rivivere".

religiosità, riferimenti letterari, storia

pp. 159-160
E mi batto, con soldati che sono di ferro (quasi tutti figli di Sardegna) contro reparti di Austriaci assai più numerosi dei nostri.

italia ed europa, storia

p. 167
Il mio reggimento ha meritato lodi solenni da S. E. il generale Cadorna, si è acquistato grande fama, ha ricevuto promessa di medaglia e di lungo riposo.

storia

p. 178
E intanto rivedeva sè stesso così destro, vigoroso e impaziente nell’aspro combattimento del 19 agosto a Raccogliano Biglia prima che il piombo nemico lo cogliesse. […] Come un quadro epico di colpo gli riappariva il combattimento: la lotta sanguinosa e irruenta al principio, irruenta vieppiù, e decisiva, alla fine, con lo schiacciamento totale di una compagnia austriaca di duecentosessanta uomini, abbrancata ai lati e di fronte dai Sardi di Cagliari e di Sassari con l’impeto dei mastini di Barbagia, senza pietà e senza allentare; e il grido forsennato e feroce dei gregari e degli ufficiali che si perdevano nella mischia e nel fumo "Sassari! Sassari!" gli feriva ancora le orecchie.

geografia, storia

p. 248
"Uno dei vostri fieri vecchi che combatté con Garibaldi le gloriose battaglie dell’indipendenza e sente oggi come allora la bellezza dell’ideale patrio vittorioso contro tutte le menzogne e tutti gli scorni, mi parlava or è qualche giorno le stesse parole che io parlo a voi".

italia ed europa, storia

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