Lingua
Lanusei, Tipografia Sociale, 1885
Ritedda di Baricau
Marcello Cossu
p. 93
La vita del mandriano Barbaricino è una vita di stenti e di privazioni da disgradarne quella del selvaggio d'Australia.
pp. 94-95
Alla punta del dì, e lungo le notti serene, il Barbaricino trae la sua mandria dove e più abbondante il pascolo, né si piglia gran pensiero che questo gli appartenga o no: basta per lui che il suo armamento divenga numeroso e pingue. Di qui nascono frequenti contese, le quali spesso si risolvono con derubarsi a vicenda, o l'adiposo castratto, od il tenero torello, o la succulenta porchetta; quando non degenerano in risse, in coltellate e persino in schioppettate. Il Barbaricino veste costantemente la mastruca, come al tempo degli antichi Petidi, né malgrado l'invadente civiltà, i costumi dal suo vivere sono punto modificati da quelli dei prischi tempi. D'ordinario si ciba di carne e latticini, e non è corso gran tempo, in cui mangiava tranquillamente il famoso Pane di ghiande. I Barbaricini specialmente quelli dei villaggi di Baunei di Urzulei e di Triei solevano cuocere le ghiande nell'acqua, e come erano ben rammorbidite, le pestavano nel mortaio, e con uno spianatoio le schiacciavano e rimenavano sopra una lastra di pietra liscia. Indi cospargevano quel fitto pastume d'una specie di loto d'argilla untuosa, e fattone tortelli, a guisa di sfogliate, li spruzzavano di cenere, affinchè non s'appiccicassero al forno, e per dare loro un po' di sapore gli ungevano con strutto, lardo o con olio.
pp. 96-97
Appresso, Giorgio diè di piglio ad un capretto, lo scorticò, lo squartò, e infilzatolo in uno schidione, ordino a Vissenteddu di rosolarlo. Provavano entrambi una fame da lupi! Quel capretto, con qualche tortello di pane di ghiande erano destinati per la loro cena.
p. 97
Giorgio tolse la sua buona lama di Guspini, l'aguzzò con l'acciarino e fece in brani l'opima spoglia.
p. 97
In questo momento Traitore, il grosso cane da guardia, che stava sul limitare della capanna, in attesa anch'esso della sua porzione di cena, si rizzò in gambe ringhioso e triste.