Gente
Roma, Maglione e Strini, 1923
La razza. Frammento di recentissima storia
Romolo Riccardo Lecis
pp. 323-324
A dì 11 di marzo Marco Ersini, posto a capo del vasto movimento di rinnovamento Sardo per il divenire sociale, morale, economico dell’isola, indirizzava ai più forti e degni rappresentanti politici delle diverse regioni d’Italia una lettera aperta che nel suo tratto saliente diceva:
"La gioventù Sarda – quella che di sé stessa ha dato alla Patria la parte migliore – chiede con franca fierezza ai più possenti uomini d’azione da cui trae auspicio la grandezza d’Italia, di essere conosciuta ed apprezzata.
La loro stima sarà un aiuto. Questa giovine gente di Sardegna, dalla guerra uscita risoluta come non mai, si solleva oggi contro le iniquità di un passato che l’ha tradita, e prepara l’avvenire".
Per una falange di ex combattenti
Marco Ersini.
E ricevevano questo messaggio uomini come Antonio Salandra, Vittorio Emanuele Orlando, Orazio Raimondo, Ferdinando Martini, Benito Mussolini, Eugenio Chiesa, Luigi Federzoni, Filippo Meda, Vincenzo Camerini, Michelangelo Buonvino, Ettore Ciccotti, Innocenzo Cappa, Enrico Ferri, Napoleone Colaianni, Edoardo Pantano, Giovanni di Cesarò, ed altri animatori, costruttori magnanimi, capi di popolo silenziosi, severi, modesti nell’opera difficile e in loro nobile grandigia.
Con quel messaggio fu aperto un ciclo di battaglie civili tendenti a sollevare, da un lato, l’intrepido cuore della Sardegna magnificata, mercanteggiata e predata, dall’altro l’attenzione, la benevolenza e l’ausilio di quanti a difesa di una causa di onore e di giustizia potevano allora, e possono oggi, spendere, bensì, più che parole.
L’esito? Le speranze? La fortuna?
Parlerà il tempo.
L’oscura sentenza di Sibilla non si conosce tuttavia.
Auguriamoci che la si apprenda felice.
A noi piace dire e, a compimento della storia, concludere che la Sardegna ha fede. E se è vero che la costanza doma la sorte avversa, l’isola dimenticata rifiorirà dalla radice. Allora eromperà più forte e fatidico dal cuore di tale razza latina il grido latino che non le è nuovo: Te deam victoriam!
Milano, Mondadori, 1974
Un anno sull'altipiano
Emilio Lussu
p. 16
Il sindaco, civile profano, non immaginava che quel suo modesto accenno al sovrano potesse provocare una dimostrazione così tragorosa di lealtà costituzionale.
Cagliari, Centro di Studi Filologici Sardi/Cuec, 2003
Note sarde e ricordi
Giuseppe Manno
p. 104
hellip;Il popolo pertanto, il quale avea anche le sue rivalità di mestiere, fu duro alle distinzioni di categorie ; e quando gli si gridò fuori i Piemontesi, rispose fuori tutti i Piemontesi. Religioso però anche nei suoi furori, rispettò il suo Arcivescovo piemontese&helli
Cagliari, Tipografia Timon
Sull’unione civile della Sardegna colla Liguria, col Piemonte e colla Savoia
Pietro Martini
p. 9
Le classi del popolo abbattute ; quella degli agricoltori la più misera.
pp. 9-10
Ciò che è certo si è che ai sardi non utile ma dannosa parve l’abolizione feudale, a tacer d’altra ragione principale, per le seguenti