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Italia ed Europa

Roma, Tip. G. Ciotola

L'eremita di Ripaglia ossia l'antipapa Amedeo VIII di Savoia

Stefano Sampol Gandolfo

p. 236
Gli è raro che un Papa venga coronato dal Concilio, che lo ha proclamato. Non si cita che un papa Alessandro, coronato a Pisa, che un papa Martino, coronato a Costanza, e questo papa Felice V, di cui parliamo, incoronato a Basilea.
Era il 5 novembre 1439 e qui davanti la Cattedrale, e precisamente là, in mezzo alla piazza fu rizzato un palco con sopra un altare riparato da preziosissimi drappi.
Il Papa vi salì accompagnato da circa duemila tra chierici e tra nobili, dai suoi figliuoli il conte Luigi e il conte Filippo di Ginevra, ai quali facevano corteggio un marchese di Saluzzo e molti altri baroni della patria del Papa, nobili di Germania, tra i quali il marchese di Retelen, il Conte Corrado di Vinsberg, vecchio ciambellano dell’impero; il conte di Therstein, i nobili deputati di Strasburgo, di Berna, di Soletta, di Friburgo.

italia ed europa, religiosità, storia

p. 245
Gemeva intanto l’animo del legittimo Pontefice [Eugenio IV], dinanzi a tanta desolazione della sua Chiesa, e la sua salute ne deperiva tutti i giorni; […] tanto se ne amareggiò che dovette cedere allo strazio dell’animo e alle immani fatiche, per addormentarsi nel Signore, universalmente compianto da quanti ebbero la fortuna di riconoscerne e di apprezzarne le straordinarie virtù, e gl’insigni meriti nei sedici anni del suo travagliatissimo Pontificato.
Durante i quali, dopo la morte della regina Giovanna II di Napoli, diede l’investitura di quel regno a Renato d’Angiò; incoronò in Roma l’imperatore Sigismondo; canonizzò Nicola da Tolentino; ordinò la precedenza dei cardinali sopra i vescovi, e condannò l’errore di Giovanni Poliaco, il quale sosteneva che coloro, che si erano confessati ai monaci, dovevano confessarsi di nuovo ai rispettivi loro parroci per soddisfare il precetto Pasquale.

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pp. 246-249
Felice V consentiva a deporsi dal Ponteficato, ma a patti che sul principio il legittimo Pontefice non volle neppure udire.
[…] Si deve alla energia di Carlo VII re di Francia, ed anche alla potente mediazione dello stesso figliuolo ed erede di Amedeo VIII, il Duca Ludovico, se l’animo del testardo suo genitore piegò finalmente a più miti e più ragionevoli consigli.
Aveva infatti il mansueto, ma irremovibile Nicolò V emanata una Bolla fulminante, con la quale abbandonava tutte le terre della Casa di Savoia al re Carlo VII ed al Delfino suo figliuolo, quando fattosi quell’ottimo re arbitro della contesa, col beneplacito del Pontefice, piegò il Duca Amedeo finalmente il capo, e smise l’arrogante contegno fino a quel momento tenuto, protestando di voler finalmente ritirarsi tranquillo nella solitudine della sua Ripaglia.
[…] Felice V, confermate frettolosamente le già manifestate disposizioni dell’animo suo, si arrese intieramente agli affettuosi consigli del vero Pontefice Romano, e firmò la sua rinunzia.
Così il 9 aprile dell’anno di grazia 1449 fu restituita almeno la pace e la tranquillità alla Chiesa di Cristo, con indescrivibile allegrezza di tutto il mondo cristiano e particolarmente di questa Roma, che non il solo potere temporale, ma anche lo spirituale avea veduto per più di nove anni usurpato indegnamente e indegnamente strappato al suo Pontefice eterno, all’eterno Vicario di Cristo, da un Principe della Real Casa di Savoia.

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pp. 250-251
Nicolò V (Tomaso Perentucelli di Sarzana nel Genovesato) è quel grande ed immortale Pontefice, che durante gli otto anni, in cui resse con ferma mano, e con accorgimento mirabile, il timone della combattuta e sbattuta navicella di Pietro, se provò lunghi e strazianti dolori, fu pure confortato da ben lunghe e dolcissime consolazioni.
A chi non è nota la miseranda caduta di Costantinopoli in mano al feroce Sultano Maometto II? L’impero di Bisanzio, che da un Costantino I avea avuto il suo cominciamento, con un Costantino XI avea miseramente finito, dopo una gloriosa durata di 1123 anni.
[…] Tutto il mondo cattolico ne fu addolorato, ma chi più ne fu costernato, chi più versò lacrime inconsolabili, fu l’anima, fu il cuore del grande Pontefice Nicolò V. Egli avea celebrato il Giubileo conforme alla Bolla del santo Pontefice Clemente VI, avea sublimato la Chiesa di Venezia alla dignità Patriarcale, avea coronato col diadema imperiale e della Lombardia Federico III arciduca d’Austria e re dei Romani, insieme alla sua consorte Eleonora di Portogallo. Egli avea segnato nel numero dei Santi Bernardino da Siena.

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p. 252
Il già principe e conte di Torino, del Genovese, di Valentina e di Dra; già conte di Ginevra, di Dombes, di Valenza e d’Ossola; già signore di Villars, di Vercelli e di Rumilly e già marchese di Ceva e di Saluzzo; il fondatore dell’insigne Ordine Mauriziano; l’eretico, lo scismatico, il sacrilego, lo scomunicato usurpatore del Triregno ai due santi e legittimi Pontefici Eugenio IV e Nicolò V; il già marchese d’Italia, il duca Amedeo VIII di Savoia, denominato il Pacifico e per insulto alla verità il Salomone del suo secolo; […] deposte finalmente le usurpate infule Papali e indossato novellamente il saio monacale, il 12 aprile 1449 erasi novellamente rinchiuso nell’Eremo di Ripaglia.

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