Costumi
Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1945
Cenere
Grazia Deledda
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- Quasi quasi non venivo, - disse il giovine. - La padrona deve sgravarsi stanotte, e mia moglie, che sta ad assisterla, voleva che io restassi in casa. «No», le dissi, «stanotte devo cogliere il puleggio e l'alloro; non sai che è San Giovanni?» E son venuto. Ecco.
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Al chiarore giallognolo del fuoco la vedova filava e ricordava; ed anche Olì, accoccolata per terra, ricordava la notte calda e voluttuosa di San Giovanni, il profumo dell'alloro, la luce delle stelle sorridenti.
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La sera, poi, si riunivano intorno al fuoco della caldaia le persone più freddolose del vicinato: per lo più la compagnia veniva composta, oltre che dal mugnaio e dai clienti, che aiutavano a spingere la sbarra del torchio, da cinque o sei individui sempre alticci.
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Anania provò una vera delusione nel veder comparire, invece del maestro descrittogli da Bustianeddu, una maestra vestita in costume, piccola e pallida, con due baffetti neri sul labbro superiore come li aveva anche zia Tatàna.
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Infatti il negoziante non si piegò mai; e la donna andò ad abitare dall'altra parte del paese, verso il convento ov'erano le scuole; rivestì il costume, ma un costume un po' falsato, arricchito di nastri e di merletti, e dal quale si riconosceva subito la donna di fama equivoca.