Geografia
Cagliari, Tipografia del Corriere di Sardegna, 1875
Violetta del Goceano. Romanzo contemporaneo
Marcello Cossu
p. 127
Inallora vivevamo mio padre e il padre di lei - due tipi pastori dallo stampo antico. Essi, divenuti ricchi dalle pingui entrate di lane e di formaggi e dalle vendite di molte partite di bestiame, e più dalla fortuna che a loro sempre arrise, avevano abbandonato la campagna e s'erano ridotti al paese; conservando però il carattere che avevano sortito e le costumanze pastorali, solo affidando la custodia dei numerosi armenti a dei lor servi-pastori.
pp. 128-129
Mio padre non pensava come sgraziatamente la pensano molti ignoranti del tempo presente, i quali per avere i loro genitori trasandato di educarli nelle scolastiche discipline, ne rendono la pariglia ai propri figli e li trascurano nell'ignoranza. Per costoro sicuro ci sarebbe di assoluto bisogno la legge sull'obbligatorietà d'insegnamento. Inallora avevamo nel paese un vecchio maestro dell'antica risma – certo prete d'una classica ignoranza, e che solevamo chiamare maestro Lupaccio! - Costui, era educato alla scuola del materialismo, non sapeva insegnare che con la legge del rigore. Aveva di più un umor tetro - un cuore selvaggio; i fanciulli lo fuggivano un miglio, e non si potevano ridurre a scuola, che a furia di minacce e scappelotti.. Era veramente un lupo in mezzo agli agnellini. - La scuola era luogo di sospiri, pianti e altri guai - perocchè il crudo maestro faceva ogni malgoverno dei poveri ragazzi... Potete immaginare con qual core cedessi alle preghiere di padre, che voleva frequentassi quel luttuoso luogo. - Il buon'uomo si figurava che ne dovessi attignere di molte belle cose, e il saper leggere e scrivere, invece a capo dell'anno portai a casa tante solenni busse, che m'aveano reso mogio lo spirito - la filastrocca delle orazioni di mane e sera, e la lettura dell'A,B,C, che aveva imparato pappagallescamente. Fu disposto perciò che il susseguente anno mi s'inviasse a Sassari presso il Convitto Canapoleno, ove avrei avuto una ben compiuta educazione.
p. 146
Cenni di capo e inopportuni scrosci d'un riso insipido come le carotte d'Alghero!
pp. 148-149
Quante diavolerie sballa a quei gonzi che bevono tutto e snocciolano soldi a bizzeffe! - Non v'è dubbio, interuppi – in Sardegna c'è tuttavia la superstizione in sommo grado nelle masse popolari; ciò fa rilevare anche la grande ignoranza che sgraziatamente regna in esse, e il poco zelo del sacerdozio a cui dovrebbe incombere il diradare le tenebre che annebbiano quelle menti, e staccare il plebeo dalle sue credenze! Ma il suo sacerdozio per comune sventura, ha creduto tener il popolo ignorante, superstizioso, e tanto per estendere il suo dominio e reggersi su un trono creato dal fanatismo e dalle riscaldate fantasie della gente che, non contenta d'arrogarsi poteri sul Cielo e sull'Inferno, voleva governare sulla Terra!
p. 151
La nostra brigata lungo il cammino era andata ingrossandosi; c'imbattevamo di frequente in gruppi d'uomini foresi, incapucciati, con lo schioppo in spalla; e in altri che avevano appresso grossi cani pel guinzaglio. - Erano i Capi caccia e gli Aizzatori con le diverse mute di cani, indispensabili nelle nostre caccie grosse. I raggi sbiesci del sole che ci ferivano, proiettavano sul terreno ombre fantasticamente grandi. - Sembravano giganti assisi su mostri con lunghe partigiane in resta. Quando arrivammo al luogo destinato per la partita, scendemmo da sella, consegnammo i cavalli ai domestici e c'internammo nel bosco. I capi caccia si dettero a ordinare le poste, nei diversi varchi, formando un semicerchio di sentinelle avanzate a cui si davano ordini speciali, nel tirare e la consegna di non muover passo; ciò per evitare degli equivoci disastrosi, potendo nella mischia ferire il compagno, o rimaner ferito. Dopo ciò, fecero marciare avanti gli Aizzatori, che si perdettero nel folto del bosco ove stavano accovacciati il feroce cinghiale e il volipide capriolo.