Gente
Roma, Maglione e Strini, 1923
La razza. Frammento di recentissima storia
Romolo Riccardo Lecis
p. 38
Che tempesta in quelle ore oscure in cui, perduto nel mare magno della città, portandosi per tutto talismano in cuore l’esempio di suo padre, galantuomo intemerato, aveva contrastato a sé stesso le folli gioie che feriscono la ragione e asserviscono all’inganno la forza! Ah, la sua vergine passione imperiosa!....
Quello era un orgoglio! Virtù di razza, la tenace perseveranza che martirizza la carne anziché cedere! Aveva potuto vincere delle battaglie che, perchè oscure, a niuno palesi, erano di tanto più grandi!
p. 80
Chiamò da una buca che stava lì presso l’attendente: da un anno questo soldato, bravo montanaro di Calabria, gli era stato sempre fedelmente accosto. Il soldato venne; seguì il comandante sotto la tenda. Aveva nella faccia abbronzata una maschia impronta e un’espressione di bontà che avrebbe intenerito il cuore di un padre, in tutto l’atteggiamento l’ossequio disciplinare.
p. 82
Scrisse rapidamente poche parole su di un foglio ed uscì, lasciando sui trampoli il soldato Bergamotti, montanaro calabrese che era capace ad un’ora di intontire e ad un’altra ora di trovare, frugando tra le risorse del suo ingegno, l’accortezza del segugio.
p. 84
Povero Calabrese di generoso cuore nei cui occhi correva il riflesso di quell’inestimabile virtù di devozione ch’egli affermava davanti al superiore come la vittima l’aveva già affermata innanzi all’ara!
p. 105
Alla memoria tornavano, battendo come remota eco di campana, le parole culminanti di ammonimento: "A mio figlio Marco, sardo di origine per essere italiano di fede" nelle quali rimaneva scolpito anche una volta quell’orgoglio di razza fatto di tale natura che muore solo nella tomba.