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Costumi

Cagliari, Centro di Studi Filologici Sardi / Cuec, 2007

La bella di Cabras

Enrico Costa

p. 245
Il giorno seguente si tornò a imbandir tavola nuziale, alla quale assistettero i parenti di Beppe. Né fu dimenticato di spedire a Cabras porzione delle pietanze, destinata ai parenti di Filomena. E ciò in omaggio all'usanza, la quale vieta al padre ed alla madre della sposa d'intervenire al pranzo di nozze della loro figlia. Il banchetto fu allegro e chiassoso; né mancò chi fece un brindisi, augurando alla sposa, fra nove mesi, il dono della gallina e del succu. Il poeta voleva alludere ad altra usanza, comune nel campidano: quella, cioè, che impone alla comare di regalare alla puerpera (dopo il battesimo del primo figlio) una gallina, le cui ali, il collo ed i piedi vengono allacciati con tre nastri di seta. La povera bestiola, destinata al sagrifizio, suol presentarsi sopra un cestello elegante, colmo del succu di cui abbiamo parlato.

costumi, geografia

p. 287
Per poter sposare una fanciulla contro la volontà dei genitori, verso il 1650, bastava semplicemente baciarla in pubblico. E riusciva così bene questo mezzo violento, che se lamentò l'abuso nel Parlamento nel 1641, dove fu proposta la pena di morte al violentatore, oltre alla confisca dei beni, da dividersi fra il Governo e la famiglia della donna baciata! [..] Non siamo più ai tempi del re Carlo Felice; il quale, all'art. 1863 del suo codice (vedi che me lo ricordo!) puniva con pene economiche  e negava l'accesso in corte a qualunque famiglia nobile volesse contrarre un matrimonio sconveniente  e indecoroso. E vuoi saperne il motivo? Te lo dice lo stesso codice: “affinché si mantenga illeso ed illibato il lustro e lo splendore delle famiglie d'antica e generosa nobiltà”.

costumi, storia

Milano, Arnoldo Mondadori Editore

Canne al vento

Grazia Deledda

p. 384
E come schiave esse dovevano lavorare, fare il pane, tessere, cucire, cucinare, saper custodire la loro roba: e soprattutto, non dovevano sollevar gli occhi davanti agli uomini, né permettersi di pensare ad uno che non fosse destinato per loro sposo. Ma gli anni passavano e lo sposo non veniva. E più le figlie invecchiavano più don
Zame pretendeva da loro una costante severità di costumi. Guai se le vedeva affacciate alle finestre verso il vicolo dietro la casa, o se uscivano senza suo permesso. Le schiaffeggiava coprendole d'improperi, e minacciava di morte i giovani che passavano due volte di seguito nel vicolo.

costumi

p. 404
La fisarmonica riempie coi suoi gridi lamentosi il cortile illuminato da un fuoco d'alaterni il cui chiarore rossastro fa
spiccare sul grigio del muro la figura svelta e bruna del suonatore, i visi violacei delle donne e dei ragazzi che ballano il ballo sardo. Le ombre si muovono fantastiche sull'erba calpestata e sui muri della chiesa; brillano i bottoni d'oro, i galloni argentei dei costumi, i tasti della fisarmonica: il resto si perde nella penombra perlacea della notte lunare.

colori, costumi

p. 404
Le ombre si muovono fantastiche sull'erba calpestata e sui muri della chiesa; brillano i bottoni d'oro, i galloni argentei dei costumi, i tasti della fisarmonica: il resto si perde nella penombra perlacea della notte lunare.

colori, costumi

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