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Italia ed Europa

Milano, Mondadori, 1972

Paese d'ombre

Giuseppe Dessì

p. 302
Quando partì per Marsiglia era un socialista rivoluzionario, pronto a menar le mani ogni volta che fosse necessario, tanto che la polizia francese lo teneva d’occhio e finì per rispedirlo in Italia.

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p. 303
Il salario era scarso come ovunque, i minatori erano tenuti anche a procurarsi l’olio per l’illuminazione della galleria durante il lavoro e dovevano acquistare i generi di prima necessità nelle botteghe gestite dalla Società mineraria, che praticava prezzi superiori a quelli del Continente. Anche gli alloggi erano un monopolio della Società, che li affittava ai propri dipendenti a prezzi molto alti, anche se si trattava di tuguri. La miniera di Bugerru, di proprietà della società francese Malfidano, si trovava accanto al paese omonimo, popolato da ottomila abitanti, poverissimi, che non praticavano alcun lavoro tranne quello di trasportare con i loro malconci battelli il minerale grezzo fino alla vicina isola di San Pietro, il cui porticciuolo permetteva l’attracco delle navi da carico che trasportavano il minerale in Francia. Anche questo lavoro era mal retribuito, e i battellieri erano stati i primi a organizzarsi in leghe sotto la guida di un socialista piemontese, un medico, povero tra i poveri. Era la sola assistenza sanitaria di cui godessero i minatori. L’amministratore locale ignorava i bisogni della popolazione trascurando strade, scuola, servizi igienici e illuminazione, senza dimenticare di esigere la tassa sui miserrimi salari dei minatori. Il malcontento era diffuso e si acuiva ogni giorno di più. Un po’ di aiuto, i minatori del Sulcis, lo potevano sperare dalle leghe, che negli ultimi anni si erano moltiplicate sul modello della prima fondata a Bugerru dal dottor Cavallera, il pioniere del socialismo in Sardegna. Alle proteste continue degli operai, i padroni rispondevano licenziando gli iscritti alle leghe e cacciandoli dalle baracche che si erano faticosamente costruiti sul terreno della Società. Essendo i padroni proprietari del terreno, diventavano automaticamente padroni anche delle baracche.

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p. 303
La miniera di Bugerru, di proprietà della società francese Malfidano, si trovava accanto al paese omonimo, popolato da ottomila abitanti, poverissimi, che non praticavano alcun lavoro tranne quello di trasportare con i loro malconci battelli il minerale grezzo fino alla vicina isola di San Pietro, il cui porticciuolo permetteva l’attracco delle navi da carico che trasportavano il minerale in Francia.

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p. 303
Il salario era scarso come ovunque, i minatori erano tenuti anche a procurarsi l’olio per l’illuminazione della galleria durante il lavoro e dovevano acquistare i generi di prima necessità nelle botteghe gestite dalla Società mineraria, che praticava prezzi superiori a quelli del Continente. […] La miniera di Bugerru, di proprietà della società francese Malfidano, si trovava accanto al paese omonimo, popolato da ottomila abitanti, poverissimi, che non praticavano alcun lavoro tranne quello di trasportare con i loro malconci battelli il minerale grezzo fino alla vicina isola di San Pietro, il cui porticciuolo permetteva l’attracco delle navi da carico che trasportavano il minerale in Francia.

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p. 307
laquo;In tutta Italia esistono leghe operaie e Camere del Lavoro autorizzate.» […] «Qui non siamo né a Genova né a Milano!» scattò il sottoprefetto. «Siamo a Bugerru, e anche se non sembra, siamo sempre in Italia»

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