Colori
Roma, Tip. G. Ciotola
L'eremita di Ripaglia ossia l'antipapa Amedeo VIII di Savoia
Stefano Sampol Gandolfo
pp. 238-239
Finite le cerimonie, scese ognuno dal palco per montare a cavallo, e la processione s’incamminò nuovamente verso la città coll’ordine seguente: laici e valletti, scudieri e baroni, il Papa circondato dai suoi consiglieri, ciascuno sontuosamente abbigliato, quale di porpora e d’oro, quale alla militare con gemme ed auree catene al petto.
[…] Teneva dietro il clero della città e campagna con reliquie; quindi i Romiti di Ripaglia, detti anche Cavalieri di San Maurizio, tutti vecchioni e antichi compagni di Felice nel mondo, e che ora lo accompagnavano pontefice, ammantati nella bianca tunica del loro Ordine.
Il Papa, che si avanzava lentamente sotto un baldacchino d’oro, benediceva gravemente e commosso il popolo genuflesso. Retelen e Vinsberg tenevagli la briglia della mula bianca; giunti al ghetto degli ebrei, i rabini gli si fecero innanzi presentandogli i libri della legge, che ricevette con rispetto; ed entrata finalmente la processione nella chiesa dei Domenicani, s’intonò il Te Deum.
[…] Ma chi era questo Felice V, si può sapere?
[…] Era nientemeno che il Duca Amedeo VIII di Savoia!
pp. 254-255
E come può egli questo Salomone del suo secolo, questo monaco così all’apparenza compunto e così pentito, indossar oggi la porpora cardinalizia senza arrossire, come può cingere il triregno senza rimorsi, come può egli funzionare pubblicamente da Vicario e Legato Perpetuo della Santa Sede senza tremare dinanzi a Dio, che con tante iniquità egli ha offeso?
Sassari, Tipografia della Nuova Sardegna
Il tesoro degli angioni
Giacinto Satta
p. 3
Il sereno, che aveva sollevato la lanterna per esaminare il suo interlocutore, parve rassicurato nel vedere un viso giovanile, bruno, dal naso aquilino, con una lieve traccia di baffi che ombreggiava appena il labbro superiore e due grandi occhi neri che lo fissavano franchi e fermi.
p. 4
Al lume della lanterna che il sereno aveva sollevato dinanzi a sé, videro un uomo seduto per terra, il dorso appoggiato al muro e la testa china sul petto, su cui fluiva una lunga barba incolta e bianca.
pp. 4-5
L’italiano prese allora la chiave e ben presto l’uscio si aprì dando l’adito ad una stanzuccia dal soffitto bassissimo, dalle pareti nude, annerite dalla polvere.