Contatti con altri paesi
Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1945
Cenere
Grazia Deledda
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Zia Varvara raccontava. Confondeva le leggende del castello di Burgos con le leggende del castello di Galtellì, mischiava ricordi storici, diventati oramai tradizioni popolari, con avvenimenti accaduti durante la sua lontana infanzia. - E i nuraghes, poi! Quanti tesori nascosti! Sai, quando i mori venivano in Sardegna per rapire le donne e gli armenti, i Sardi nascondevano le monete nei nuraghes.
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- Ah, come mi divertirò, queste vacanze! - diceva alla vecchia. - Voglio recarmi a tutte le feste, voglio visitare il mio paesello natìo: voglio salire sul Gennargentu, su Monte Rasu, sui monti di Orgosolo.
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Tutto sparve; la vecchia che piangeva il suo esilio dalla patria diletta, la strada melanconica, la piazza in quell'ora deserta e ardente, il Pantheon triste come una tomba ciclopica; e Anania, col viso accarezzato dal vento di ponente, provò un senso di sollievo, come svegliandosi da un incubo.
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Pochi momenti prima della partenza zia Varvara gli consegnò un piccolo cero, perché lo offrisse per lei alla Basilica dei Martiri, a Fonni, e Maria gli diede una medaglia benedetta dal pontefice.
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laquo;Mi riposerò», pensava, preparando rapidamente la valigia e ricordando i lunghi preparativi della sua prima partenza da Nuoro. «Ah, quanto vorrò dormire queste vacanze! Non voglio diventare nevrastenico. Salirò sulle montagne natìe, sul Gennargentu vergine selvaggio. Da quanto tempo sogno quest'ascensione! Visiterò la vedova del bandito, il fraticello Zuanne, il figlio del fabbricante di ceri. E il cortile del convento?... E quel carabiniere che cantava A te questo rosario?»